Ladinia


Informazioni

 

Foto di Michele Turchi

Il termine Ladinia definisce un territorio che non corrisponde a nessun ente amministrativo ufficiale, anche se fortemente coeso per la presenza di una propria lingua di origine romanza, il ladino, e di tradizioni culturali condivise e ancora fortemente sentite. Tale territorio è oggi circoscritto in cinque vallate attorno al gruppo dolomitico del Sella: la Val Badia, la Val Gardena, la Val di Fassa, la valle di Fodóm (alta val Cordevole) e la Val d’Ampezzo, amministrativamente comprese nelle Province di Trento, Bolzano e Belluno.

La lingua ladina ha radici antiche, sviluppate dall’incontro delle popolazioni locali, di origine retica, con i colonizzatori romani (sec. I a.C.), dando luogo a un volgare la cui diffusione fu molto ampia, estendendosi per l’arco alpino centrale e orientale, dal Danubio al lago di Garda. Con la caduta dell’Impero romano e le successive invasioni barbariche l’area di diffusione linguistica si restrinse progressivamente, fino a ridursi oggi a tre zone ben delimitate: il cantone svizzero dei Grigioni, il Friuli, e appunto la Ladinia propriamente detta. L’isolamento tra queste zone ha dato luogo tuttavia a varianti più o meno diversificate, e anche all’interno di una stessa zona si registrano differenze dialettali da valle a valle.

La popolazione ladina ha mantenuto nel tempo una economia basata soprattutto sull’allevamento, giovandosi dei vasti alpeggi d’alta quota, l’agricoltura e piccolo artigianato, in particolare la lavorazione del legno. Il territorio è rimasto soggetto per lungo tempo al principato vescovile di Bressanone, che vi inviava come vicari un Capitano per le questioni politiche e economiche, e un Giudice per quelle giuridiche. Moena e la bassa val di Fassa erano invece soggette a Trento. Tutto cambiò con l’avvento di Napoleone, che nel 1803 soppresse i principati vescovili, e nel 1815, dopo la sua caduta, i territori ladini vennero annessi all’Impero Austro-Ungarico.

La memoria popolare tramanda che, nel secolare e monotono succedersi delle stagioni delle vallate alpine, sono stati due i fatti che hanno cambiato le cose: «il Concilio di Trento che ha scacciato le streghe, e la Grande Guerra che ha portato gli italiani».

Le antiche radici pagane non erano state infatti del tutto cancellate dall’avvento del cristianesimo, dando luogo a un sincretismo religioso nel quale al culto dei santi si affiancavano esseri mitologici come le Vivenes, i Salvàns, o le Bregostènes, dando vita a un ricco corollario di leggende che da secoli si tramandava per via orale. Credenze che l’istituzione dell’Inquisizione e la caccia alle streghe (non mancarono anche qui sospetti, arresti, processi e persone arse vive sul rogo) relegò a una memoria sempre più labile e comunque non manifesta.

La Grande Guerra (la Gran Vera), che i ladini combatterono sotto la bandiera austro-ungarica, vide il loro territorio trasformato in un campo di battaglia, e al cessare delle ostilità l’annessione al territorio italiano, che non giovò all’economia delle vallate, ormai da tempo rivolta verso l’area austriaca. Solo con la nascita del turismo di montagna, in un primo tempo d’elite, e dal Secondo dopoguerra di proporzioni sempre crescenti, portò un ritrovato benessere e, al tempo stesso, una rinascita dell’identità linguistica, finalmente riconosciuta a livello ufficiale dallo Stato italiano (1972). 

La bandiera Ladina fu inalberata per la prima volta nel maggio 1920, quando i rappresentanti delle cinque valli ladine si riunirono sul passo Gardena per protestare contro il trattato di Saint-Germain che, in aperto contrasto con il diritto di autodeterminazione dei popoli che lo stesso trattato sanciva, non riconosceva ai Ladini autonomia amministrativa, dividendo anzi il loro territorio in tre diverse province. La bandiera si presenta a tre strisce orizzontali: azzurra, bianca e verde, che simboleggiano la natura delle Dolomiti: il verde dei prati e dei boschi, il bianco della neve e il celeste del cielo.

 

Bandiera della Ladinia

Fu dichiarata illegale durante il ventennio fascista, che peraltro non riconobbe alcuna peculiarità al popolo ladino né alla sua lingua, della quale tuttavia non osteggiò l’uso in quanto derivata dal latino.

La bandiera è oggi di uso corrente nel territorio, anche se non riveste nessun carattere di ufficialità.

 

(note a cura di Michele Turchi)

 

Bibliografia:

– Wikipedia, l’enciclopedia libera, s.v. “Ladinia”.

Guida al Museo Ladino di Fassa, testi di Roberta Opassi, Firenze, Giunti 2005.

Profilo Araldico

“Drappo interzato in fascia di azzurro, di bianco e di verde…”

bandiera ridisegnata

Disegnato da: Michele Turchi

bandiera Ufficiale
no bandiera
Altre Immagini
Nessun'altra immagine presente nel database

LEGENDA

  • stemma
  • gonfalone
  • bandiera
  • sigillo
  • città
  • altro
  • motto
  • istituzione nuovo comune

Informazioni

 

Foto di Michele Turchi

Il termine Ladinia definisce un territorio che non corrisponde a nessun ente amministrativo ufficiale, anche se fortemente coeso per la presenza di una propria lingua di origine romanza, il ladino, e di tradizioni culturali condivise e ancora fortemente sentite. Tale territorio è oggi circoscritto in cinque vallate attorno al gruppo dolomitico del Sella: la Val Badia, la Val Gardena, la Val di Fassa, la valle di Fodóm (alta val Cordevole) e la Val d’Ampezzo, amministrativamente comprese nelle Province di Trento, Bolzano e Belluno.

La lingua ladina ha radici antiche, sviluppate dall’incontro delle popolazioni locali, di origine retica, con i colonizzatori romani (sec. I a.C.), dando luogo a un volgare la cui diffusione fu molto ampia, estendendosi per l’arco alpino centrale e orientale, dal Danubio al lago di Garda. Con la caduta dell’Impero romano e le successive invasioni barbariche l’area di diffusione linguistica si restrinse progressivamente, fino a ridursi oggi a tre zone ben delimitate: il cantone svizzero dei Grigioni, il Friuli, e appunto la Ladinia propriamente detta. L’isolamento tra queste zone ha dato luogo tuttavia a varianti più o meno diversificate, e anche all’interno di una stessa zona si registrano differenze dialettali da valle a valle.

La popolazione ladina ha mantenuto nel tempo una economia basata soprattutto sull’allevamento, giovandosi dei vasti alpeggi d’alta quota, l’agricoltura e piccolo artigianato, in particolare la lavorazione del legno. Il territorio è rimasto soggetto per lungo tempo al principato vescovile di Bressanone, che vi inviava come vicari un Capitano per le questioni politiche e economiche, e un Giudice per quelle giuridiche. Moena e la bassa val di Fassa erano invece soggette a Trento. Tutto cambiò con l’avvento di Napoleone, che nel 1803 soppresse i principati vescovili, e nel 1815, dopo la sua caduta, i territori ladini vennero annessi all’Impero Austro-Ungarico.

La memoria popolare tramanda che, nel secolare e monotono succedersi delle stagioni delle vallate alpine, sono stati due i fatti che hanno cambiato le cose: «il Concilio di Trento che ha scacciato le streghe, e la Grande Guerra che ha portato gli italiani».

Le antiche radici pagane non erano state infatti del tutto cancellate dall’avvento del cristianesimo, dando luogo a un sincretismo religioso nel quale al culto dei santi si affiancavano esseri mitologici come le Vivenes, i Salvàns, o le Bregostènes, dando vita a un ricco corollario di leggende che da secoli si tramandava per via orale. Credenze che l’istituzione dell’Inquisizione e la caccia alle streghe (non mancarono anche qui sospetti, arresti, processi e persone arse vive sul rogo) relegò a una memoria sempre più labile e comunque non manifesta.

La Grande Guerra (la Gran Vera), che i ladini combatterono sotto la bandiera austro-ungarica, vide il loro territorio trasformato in un campo di battaglia, e al cessare delle ostilità l’annessione al territorio italiano, che non giovò all’economia delle vallate, ormai da tempo rivolta verso l’area austriaca. Solo con la nascita del turismo di montagna, in un primo tempo d’elite, e dal Secondo dopoguerra di proporzioni sempre crescenti, portò un ritrovato benessere e, al tempo stesso, una rinascita dell’identità linguistica, finalmente riconosciuta a livello ufficiale dallo Stato italiano (1972). 

La bandiera Ladina fu inalberata per la prima volta nel maggio 1920, quando i rappresentanti delle cinque valli ladine si riunirono sul passo Gardena per protestare contro il trattato di Saint-Germain che, in aperto contrasto con il diritto di autodeterminazione dei popoli che lo stesso trattato sanciva, non riconosceva ai Ladini autonomia amministrativa, dividendo anzi il loro territorio in tre diverse province. La bandiera si presenta a tre strisce orizzontali: azzurra, bianca e verde, che simboleggiano la natura delle Dolomiti: il verde dei prati e dei boschi, il bianco della neve e il celeste del cielo.

 

Bandiera della Ladinia

Fu dichiarata illegale durante il ventennio fascista, che peraltro non riconobbe alcuna peculiarità al popolo ladino né alla sua lingua, della quale tuttavia non osteggiò l’uso in quanto derivata dal latino.

La bandiera è oggi di uso corrente nel territorio, anche se non riveste nessun carattere di ufficialità.

 

(note a cura di Michele Turchi)

 

Bibliografia:

– Wikipedia, l’enciclopedia libera, s.v. “Ladinia”.

Guida al Museo Ladino di Fassa, testi di Roberta Opassi, Firenze, Giunti 2005.

Profilo Araldico

“Drappo interzato in fascia di azzurro, di bianco e di verde…”

bandiera ridisegnata

Disegnato da: Michele Turchi

bandiera Ufficiale
no bandiera
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  • stemma
  • gonfalone
  • bandiera
  • sigillo
  • città
  • altro
  • motto
  • istituzione nuovo comune