Abbazia di San Miniato al Monte di Firenze


Abbazia di San Miniato al Monte di Firenze

Secondo la leggenda Miniato era un principe armeno (secondo una versione addirittura il re di quel paese ma, più probabilmente, era un ricco mercante) che dopo un pellegrinaggio a Roma risalì fino nella zona del Mons Florentinus, dove nel 250 iniziò una vita da eremita, venne catturato e martirizzato, durante la persecuzione dell’imperatore Decio, con il taglio della testa. Si racconta che si allontanasse dal luogo dell’esecuzione con la propria testa in mano attraversando l’Arno fino a raggiungere il suo eremitaggio, dove venne seppellito e dove successivamente verrà eretta una cappella nell’VIII secolo che diverrà la celebre basilica dedicata al “rex Erminie” (“re d’Armenia”), iniziata nel 1018 durante il vescovato di Alibrando e sostenuta anche dall’imperatore Federico II di Svevia.

La memoria liturgica di san Miniato è il 25 ottobre, ed è ricordato nel duecentesco mosaico tardo-bizantino della abside della chiesa dove è rappresentato, simmetricamente alla Madre di Dio, nel gesto di consegnare la sua corona terrena all’unico vero Re, il Cristo Pantokrator, che gli dona in cambio quella della gloria celeste. Questo dettaglio viene ripeso dallo stemma abbaziale.

La comunità benedettina che fondò il monastero aderì alla congregazione Cluniacense e, nel 1373, alla Congregazione Benedettina di Monte Oliveto Maggiore, i cui membri la abitano tutt’oggi.

Il monastero, documentato fin dall’origine della chiesa, fu rifatto nel 1426 a spese dell’Arte di Calimala (cioè dei mercanti, che considerano Miniato il loro patrono), e decorato da affreschi di Paolo Uccello con Storie dei santi eremiti.

Alla decorazione del chiostro partecipò anche Bernardo Buontalenti che nel 1547 rimpiazzò una scena di Paolo Uccello con un suo rarissimo Cristo sulla via di Emmaus.

A fianco del chiostro, nel 1295, il vescovo Andrea de’ Mozzi iniziò la costruzione del palazzo arcivescovile, in forma di fortezza, terminata nel 1320 dal vescovo Antonio d’Orso, destinato a residenza estiva, o rifugio in caso di pericol,o per i vescovi fiorentini, passato integralmente al monastero nel 1337 e in seguito usato anche come scuderia e ospedale.

L’intero complesso è circondato da mura difensive, originariamente costruite in maniera frettolosa da Michelangelo durante un assedio e modificate nella costruzione di una vera fortezza nel 1553 sotto Cosimo I de’Medici.

Nel 1924 il monastero è stato radicalmente restaurato e da allora ospita di nuovo i benedettini olivetani.

Lo stemma dell’abbazia è partito, il primo campo riprende l’insegna della Congregazione di Santa Maria di Monteoliveto, mentre il secondo mostra un braccio vestito d’argento (cioè di bianco, come il saio degli olivetani) che porge una corona, simbolo del martirio di San Miniato.

Si blasona: “partito: il primo d’azzurro alla croce latina di rosso fondata sulla cima di un monte di tre colli all’italiana d’argento, fiancheggiata da due rami d’ulivo fruttati di verde moventi dai fianchi del monte; il secondo di rosso al braccio di carnagione, vestito d’argento, posto in palo e sostenente una corona d’oro”.

Rappresenta una tipologia insolita giacché le abbazie olivetane, solitamente, adottano lo stemma della Congregazione (talvolta con piccole variazioni).

 

Nota di Massimo Ghirardi

Stemma Ridisegnato


Disegnato da: Massimo Ghirardi

Stemma Ufficiale


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Bozzetto originale acs/Pdc


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Profilo araldico


“Partito: il primo d’azzurro alla croce latina di rosso fondata sulla cima di un monte di tre colli all’italiana d’argento, fiancheggiata da due rami d’ulivo fruttati di verde moventi dai fianchi del monte; il secondo di rosso al braccio di carnagione, vestito d’argento, posto in palo e sostenente una corona d’oro”.

Oggetti dello stemma:
braccio, cima, colle, corona, croce latina, fianco del monte, monte all'italiana, ramo d'ulivo
Attributi araldici:
fondato, fruttato, movente dal fianco, sostenente, vestito

LEGENDA

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