Cardinale San Tesauro Beccaria


Cardinale San Tesauro Beccaria

Nato quasi certamente a Pavia fra il 1210 e il 1220, in una nota famiglia di tradizione ghibellina, che si è identificata con i Beccaria (o di Beccheria).

Avviato alla carriera ecclesiastica, poco prima del 1250 fu eletto abate del monastero pavese benedettino di San Lanfranco, all’epoca appartenente alla congregazione di Vallombrosana.

Per le sue doti e i meriti nel 1252 venne eletto abate generale dei vallombrosani e si trasferì nella casa madre.

Papa Alessandro IV lo nominò legato pontificio a Firenze e (forse) cardinale, proprio con l’incarico di cercare un accordo tra le fazioni guelfa e ghibellina della città. Dopo la morte di Federico II (1250), la fazione guelfa aveva preso il sopravvento a Firenze, compiendo una lunga serie di vendette ed epurazioni che erano culminate con l’esilio delle famiglie ghibelline che vennero ospitate nei castelli di Magnale e Ristonchi, sulle colline del Valdarno a monte della città, di proprietà dell’Ordine.

Ma nel 1258 l’abate Tesauro fu arrestato con l’accusa d’aver segretamente trattato con Manfredi per favorire il rientro dei ghibellini a Firenze. Processato e condannato a morte, il 12 settembre 1258 venne giustiziato mediante decapitazione (essendo nobile non poteva essere impiccato) nell’antica Piazza di Sant’Apollinare, attualmente Piazza San Firenze. L’esecuzione causò alla città di Firenze l’interdetto papale, che durò per oltre sette anni, e provocò anche la condanna da parte del Comune di Pavia che minacciò di imprigionare i mercanti fiorentini e di confiscarne i beni. I fiorentini risposero, attraverso la penna di Brunetto Latini, che se l’abate fosse resuscitato mille volte, mille volte avrebbe meritato la morte per tradimento, pur dichiarandosi disposti a trattative di pace.

Sull’effettiva colpevolezza dell’abate gli studiosi sono piuttosto divisi, così come sulla sua investitura cardinalizia. Nonostante quel periodo fosse caratterizzato da grandi instabilità e confusione, è difficile credere che il delegato pontificio tramasse con il principale nemico del papato contro i suoi sostenitori.

Quanto all’investitura cardinalizia, alcuni studiosi sostengono che Beccaria venne nominato cardinale da papa Alessandro IV nel 1254, altri che egli non venne nominato cardinale, ma che ricopriva la carica di vicario del cardinale Ottaviano degli Ubaldini.

È possibile che la (falsa) notizia della nomina a cardinale fosse stata diffusa ad arte per scoraggiare i guelfi fiorentini dal dare esecuzione alla condanna dell’abate.

Dante Alighieri, che venne a conoscere la vicenda secondo la versione di Brunetto Latini, collocò l’abate nel nono cerchio dell’Inferno, nell’Antenora, tra i traditori della patria (Inf. XXXII 118-119).

Nel martirologio benedettino è venerato, come cardinale martire, alla data 4 settembre e ricordato dalla Chiesa cattolica, come San Tesauro, il 12 settembre.

 

I Beccaria sono una nobile casata di Pavia; tennero per un lungo periodo la signoria sulla città tra il XIII e XIV secolo e, divisi in molti rami, ebbero diversi feudi nel territorio limitrofo.

Sono documentati dal XII secolo e tradizionalmente legati al partito ghibellino.

In età moderna furono formulate diverse leggende sull’origine del casato, tra le quali quella che farebbe discendere i Beccaria da un certo Beccarius vissuto all’epoca di Costantino, o quella che ascriverebbe alla famiglia gli eroi pavesi Achille, Sforza e Palamede, eroici crociati celebrati da Torquato Tasso, ma si tratta di ipotesi prive di ogni fondamento storico.

Più recentemente, alcuni studiosi locali hanno tentato di dimostrare l’origine longobarda della stirpe attraverso l’analisi del loro cognome, formato, secondo alcuni, da due termini longobardi: “Berk” e “Skaria“, ossia “uomo della difesa” o “capitano della difesa”, in quanto ricoprenti alte cariche militari presso quella popolazione di origine germanica. Una etimologia alternativa ricollega il cognome alla parola longobarda “Behhari” (in longobardo la “h” si pronuncia come una “c” aspirata) che stava ad indicare una speciale coppa rituale in uso presso quelle genti, utilizzata esclusivamente da alti ministri e persone di alto rango.

Secondo una terza teoria, il termine “beccaria” potrebbe essere accomunato alla parola macelleria (in italiano aulicobeccheria), ma non in quanto connessi a questa professione, bensì in riferimento alla zona di Pavia da essi abitata: erano indicati come “quelli della Beccaria” nel senso che abitavano in un quartiere al centro della città, dove anticamente avevano bottega molti macellai o “beccai” (via Beccaria, già Contrada delle Beccherie, presso il duomo).

 

Lo stemma della famiglia si blasona: “d’oro, ai tredici colli di rosso posti: 3, 4, 3, 2, 1“, in seguito completato con il capo dell’impero, a significare la fedeltà ghibellina, e il motto “IN LABORE QUIES” (“Lavora in tranquillità”) tratto da un verso del poeta latino Orazio: “Parta labore quies iterum paritura laborem” (il benessere scaturito dalla fatica genera nuova attività).

 

I rami principali sono stati i:

  • Beccaria di Messer Fiorello
  • Beccaria di Gropello
  • Beccaria di Robecco
  • Beccaria di Santa Giuletta
  • Beccaria di Pieve (Pieve Porto Morone)
  • Beccaria di Arena (Arena Po)
  • Beccaria di San Gaudenzio
  • Beccaria di Mezzano

 

© 2024,  Massimo Ghirardi

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“D’oro, ai tredici colli di rosso posti: 3, 4, 3, 2, 1″.

Oggetti dello stemma:
colle
Attributi araldici:
posto 3-4-3-2-1

LEGENDA

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