Città di Macerata – (MC)

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Informazioni

  • Codice Catastale: E783
  • Codice Istat: 43023
  • CAP: 0
  • Numero abitanti: 43019
  • Nome abitanti: maceratesi
  • Altitudine: 0
  • Superficie: 92.73
  • Prefisso telefonico: 0
  • Distanza capoluogo: 0.0

Storia dello stemma e del comune

Il toponimo della “terra de Maceriatinis” compare nei documenti del 967 e, successivamente, si cita il Castrum Maceratæper finire poi con Civitatis Maceratæ.

Secondo la leggenda, riportata anche dallo storico del XVII sec. Pompeo Compagnoni, il nome della città deriverebbe da Maccio Macro, nipote di Noè, ovvero da un non meglio identificato Macareo di epoca romana.

 

Altre ipotesi (non documentate) propongono di derivare il toponimo Macerata dal sostantivo «macèra»: termine che indicava la presenza di maceratoi per la canapa (in un’epoca durante la quale la coltivazione era molto diffusa). Ma il sostantivo «macèra» è testimonianza dell’esistenza nel luogo di maceriae (rovine di marmi, pietre e mattoni di costruzioni antecedenti), utilizzate per l’edificazione dell’insediamento. È questa un’ipotesi più “credibile” che tramanderebbe l’episodio della riedificazione sul colle di Santa Croce (ove sorge attualmente nucleo storico il capoluogo) a scopo difensivo, con le “macerie” della vicina colonia romana di Helvia Ricina, abbandonata perché soggetta alle incursioni dei barbari e incendiata dai Longobardi. Gli abitanti “avrebbero così assunto il nome di maceratinis, equivalente a popolazione che è cinta da muri” (sito istituzionale del Comune di Macerata).

Gli storici maceratesi del passato “amarono credere che Macerata fosse “figlia” della città romana di Helvia Ricina” sorta nella piana sulle sponde del fiume Potenza, lungo la Via che collegava Noceriae ad Ancona, attraverso Septempeda – Trea – RicinaAuximum.

La prima menzione della terra de Maceriatinis, è del 967, in un diploma dell’imperatore Ottone I, il quale ne conferma il possesso agli abati di Santa Vittoria in Matenano (figlia dall’Abbazia benedettina di Farfa).

 

All’inizio dell’XI il potere sui territori maceratesi fu affidato ai vescovi di Fermo.

I primi nuclei abitativi della futura città si insediarono nel Podium Sancti Juliani (oggi area del Duomo) e nel Castrum Maceratæ (nell’area delle attuali poste centrali). Gli abitanti di quest’ultimo per tentare di limitare la potenza del vescovo-signore di Fermo, entro la cui giurisdizione cadeva il territorio di Macerata, si allearono con gli abitanti del Podium.

 Il 29 agosto 1138 Azzone, vescovo di Fermo, concesse al Castrum Maceratæ unito alla Pieve di San Giuliano ampie autonomie e quella data è considerata la nascita del Comune di Macerata.

Nel corso del XIII secolo il Comune si dotò degli Statuti e fece compilare il primo Catasto, e la fondazione, nel 1290, dello Studium, per concessione di papa Nicolò IV.

Nel 1320 papa Giovanni XXII punì le città di Fermo e Recanati (che avevano partecipato alla Lega ghibellina), togliendo, alla prima, parte del territorio e, alla seconda, la sede vescovile, che passarono a Macerata come premio per la fedeltà dimostrata alla Chiesa.

Macerata conseguì quindi dallo stesso papa Giovanni XXII il titolo di Città e l’inserimento tra le civitatis maiores e diventando ufficialmente il capoluogo della Marca Anconitana, con la residenza del Rettore pontificio, della Corte delle Appellazioni, della Zecca e, dal XV secolo, del Cardinale Legato.

Nel 1540, ottenne l’istituzione della tanto sospirata sede universitaria da parte di papa Paolo III, che fu cardinale Legato della Marca d’Ancona e, nel 1588, l’insediamento del tribunale della Rota, per far fronte alle disfunzioni della giustizia nella Marca.

 

Nel 1798 Macerata fu aggregata alla Repubblica Romana come capoluogo del Dipartimento del Musone. Il 2 aprile 1808 Macerata venne annessa da Napoleone, nel “Regno italico”. Nel 1813 il Governo di Gioacchino Murat sostituì quello napoleonico, ma nel maggio del 1815 a seguito della sconfitta del Murat nella “battaglia della Rancia“, fu ripristinato di nuovo il Governo pontificio.

 

Lo stemma che rappresenta la città di Macerata, fin dai tempi della sua fondazione nel 1138, era costituito da uno scudo rosso con una “macina” (o “mola”), in funzione “assonante” con il toponimo, sormontato da una corona raggiata, simbolo di giurisdizione, che indicava come nella città risiedesse la Curia generale con il Rettore della Marca Anconitana (già dal 1249).

Lo storico settecentesco Pompeo Compagnoni Floriani afferma che il simbolo della mola era stato mutuato dall’antica città di Ricina, dato che era riportato su alcune medaglie di quella città.

Simbolicamente “la macina vuol rappresentare il carattere operoso dei maceratesi ed anche una peculiarità del territorio… ricco di acque … che erano utilizzate per l’alimentazione di molti mulini”. Essa è anche allusiva alla fertilità del suolo e “si intuisce il perché gli amministratori abbiano scelto la mola come simbolo nello stemma della città”.

Secondo la tradizione 1570 lo stemma venne inquartato con la croce greca rossa in campo argento, per concessione di papa Pio V, “il quale era grato a Macerata per la partecipazione dei suoi uomini (circa 250) alla lotta contro i Turchi e per ricordare il concorso dei maceratesi alle crociate a partire dal 1188”. Divenendo quindi: “inquartato: nel primo e nel quarto d’argento alla crocetta patente di rosso; nel secondo e nel terzo di rosso alla mola d’argento” di certo compare su un pianta topografica del 1661 realizzata da Giuseppe Mattei.

 

Per lungo tempo la versione con la sola macina continuò ad essere usata alternativamente, anche in modo ufficiale (ancora sul Palazzo delle Poste della città nel 1922).

 

All’epoca del Compagnoni allo stemma si aggiunsero le cornucopie, “l’una profondente monete e un’altra che rovescia della frutta (entrambi simboli di ricchezza ed abbondanza)”. A queste venne aggiunta una complessa composizione allegorica comprendente: una ruota di carro (allusione al Tribunale della Rota), un ramo di alloro, un mazzo di spighe, una palma, una spada reggente un serto, un elmo e diversi libri (riferimento all’Università e alla locale Accademia deiCatenati).

Nel XVIII venne mantenuta la sola macina, solo dopo l’unità d’Italia venne adottato lo stemma attuale, che si blasona: “Di rosso inquartato da due filetti di nero nel 1° e 4° alla croce patente di rosso [SIC]; nel 2° e 3° alla mola pure d’argento” secondo il Decreto di riconoscimento del Capo del Governo  del 17 giugno 1941. 

L’evidente errore nel blasone pare derivato dalla controversia con la Consulta Araldica in sede di concessione formale dello stemma: secondo la quale i campi con la croce dovevano essere rappresentati in argento con la croce rossa, per non violare la norma della sovrapposizione degli smalti con altri smalti. Non risulta che la città abbia mai adottato questa versione, continuando ad utilizzare la versione completamente rossa inquartata dal filetto nero.

Con lo stesso decreto veniva riconosciuto anche il gonfalone in uso: “Drappo inquartato: nel primo e nel quarto di bianco; nel secondo e terzo di rosso…”.

 

Abitualmente però il Comune usa uno stemma assai stilizzato senza il filetto nero, talvolta su scudo sannitico (sito istituzionale e comunicazione) talaltra su scudo sagomato, pressoché sempre senza cornucopie.

 

Nota di Massimo Ghirardi e Giovanni Giovinazzo

 

 

 

Bibliografia:

 

Carassai M. (a cura di), 2015 – LE MARCHE SUGLI SCUDI. Atlante storico degli stemmi comunali. Andrea Livi, Fermo, pp. 134-137.

Stemma Ridisegnato


Disegnato da: Massimo Ghirardi

Stemma Ufficiale


Logo


Bozzetto originale acs/Pdc


Altre immagini




Profilo araldico


“Di rosso inquartato da due filetti di nero nel 1° e 4° alla croce patente d’argento; nel 2° e 3° alla mola pure d’argento”.

D.P.C.M. del 17 giugno 1941.

Colori dello scudo:
rosso
Partizioni:
inquartato

Gonfalone ridisegnato


Disegnato da: Massimo Ghirardi

Gonfalone Ufficiale


Altre immagini


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Profilo Araldico


“Drappo inquartato: nel primo e nel quarto di bianco; nel secondo e terzo di rosso…”

Colori del gonfalone: bianco, rosso
Partizioni del gonfalone: inquartato
Profilo Araldico

“Drappo partito di bianco e di rosso caricato dello stemma comunale sulla partizione…”

bandiera ridisegnata

Disegnato da: Massimo Ghirardi

bandiera Ufficiale
no bandiera
Altre Immagini
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LEGENDA

  • stemma
  • gonfalone
  • bandiera
  • sigillo
  • città
  • altro
  • motto
  • istituzione nuovo comune

    Decreto del Capo del Governo (DCG)
    riconoscimento
    17 Giugno 1941