Abbazia di Santa Maria Assunta e San Claudio di Frassinoro


Abbazia di Santa Maria Assunta e San Claudio di Frassinoro

Secondo un’antica tradizione la Vergine Maria sarebbe apparso in un bagliore accecante su di un frassino nella Selva Romanesca poco lontana dal passo appenninico delle Terme Salonii (oggi San Pellegrino in Alpe), tra il territorio di Modena e quello di Lucca, nel territorio della pieve di Rubbiano di Montefiorino. Presso quel frassino venne edificata una cappella nell’VIII secolo, dedicata a San Lorenzo con annesso un ospizio per il ricovero dei viandanti, che nel 1007 dipendeva dall’abbazia di San Benedetto di Polirone (oggi San Benedetto Po), la grande abbazia benedettina dell’Oltrepò Mantovano fondata nello stesso anno da Tedaldo di Canossa. La località comincerà ad essere identificata come Frassinoro (“frassino d’oro”).

 

Beatrice di Lorena, vedova di Bonifacio di Canossa (figlio di Tedaldo) e madre della nota Matilde il 29 agosto 1071 vi fondò un’abbazia lungo l’antica via Bibulca (ossia “dei due buoi”: quindi adatta al transito di carri trainati da coppie di animali) che attraversava il passo di San Pellegrino per poi arrivare a Lucca, lungo la via di pellegrinaggio per l’adorazione del “Volto Santo” nella cattedrale lucchese con proseguimento verso Roma.

 

L’intento della fondatrice era di onorare la memoria di suo padre Goffredo, dei suoi due mariti Bonifacio e Goffredo, per l’incolumità della figlia Matilde e in memoria della nipote Beatrice II (figlia di Matilde scomparsa poco prima: il 9 gennaio 1071), d’accordo con la figlia Matilde donò all’abbazia le reliquie di san Claudio martire e, nel 1077, cedette la struttura alla Santa Sede ottenendone lo status di “Abbatia Nullius”, dipendente direttamente dal papa, con giurisdizione spirituale e temporale su quelle che verranno identificate come “Terre della Badia”, corrispondenti alle valli appenniniche del Dragone e del Dolo comprendente la vasta Selva Romanesca. 

 

La contessa dotò il monastero di cospicui beni con ben dodici Corti: Roncosigifredo, Medola, Vitriola, Antinano, Carpineta, Verabio, Puliano, Isola, Budrione, Campagnola, Motulo e Regiolo e i lavori di costruzione del convento e della chiesa abbaziale, che ebbe il titolo di Santa Maria Assunta (cui si aggiunse in seguito anche quello di San Claudio), iniziarono già nella primavera del 1072 ed erano quasi ultimati nel 1076, quando la munifica fondatrice morì. Papa Gregorio VII consacrò personalmente il primo abate, Benedetto.

 

Papa Pasquale II aggregò Frassinoro nel 1107 all’abbazia de La Chaise-Dieu in Francia, nella persona dell’abate Americ, con l’intenzione di sanare qualche conflitto interno e per garantire una salda fedeltà al papato e alla sua politica riformatrice, in alternativa ai numerosi poteri locali che miravano ai beni del monastero: i Comuni di Modena e di Bologna innanzitutto, rappresentati in loco da diverse famiglie della nobiltà appenninica. Gli abati francesi nomineranno (o riconosceranno) gli abati di Frassinoro fin verso il 1150.

 

Nel 1160 l’abate affidò la custodia e la difesa dell’abbazia a Bernardo da Montecuccolo, che venne “advocatus” per garantire la protezione alle Terre della Badìa, a cui miravano sia il comune di Modena che vari nobili locali. Il 4 agosto 1164 l’Abate Guglielmo ottenne dall’imperatore Federico Barbarossa un diploma col quale si concedeva, oltre alla conferma dei beni, la protezione imperiale al Monastero.

 

Nel 1261, il governo venne usurpato dal potente Comune di Modena, dopo una lunga contesa e con lotte sanguinose. L’abate dovette rinunciare al potere temporale a favore del Comune che andava allargando la propria zona d’influenza verso l’Appennino.

Dal 1275 al 1286 ci fu uno scisma, si ebbero due abati contemporaneamente: Guglielmo da Dallo e Tommaso de’ Tonsi. Essi si ritenevano legittimamente eletti ed erano sostenuti da due gruppi distinti di monaci e di nobili locali. Il primo, che considerava il rivale “antiabate” risiedeva a Frassinoro, il secondo a Vitriola. Nel però 1286 morirono entrambi e si ritornò così ad un unico superiore.

 

Nel 1327, avendo i monaci ostacolato la penetrazione delle truppe pontificie in Val Dragone, il monastero venne assalito, saccheggiato ed incendiato: l’abate Pietro e alcuni monaci furono uccisi.

 

La “comunità” nel 1355 era costituita dall’abate e da due soli monaci, e nel 1385 l’unico monaco ancora presente venne nominato abate. Nel 1419 venne insediato nella carica il reggiano Antonio da Serravalle che però si ritrovò solo e fu costretto a cedere i territori di Montefiorino e di Ligonchio a Nicolò d’Este (ufficialmente in “enfiteusi perpetua”) l’8 dicembre 1429 e nel contratto l’abate fa scrivere dal notaio Giovanni Sadoleto “… cum in ipso monasterio presentialiter non degant alicui monaci” (“allorché nel monastero stesso non si vede la presenza di alcun monaco”).

 

Nel 1448 morì l’ultimo abate regolare, Antonio e l’anno successivo gli successe il primo abate commendatario: il conte garfagnino Leonello de’ Nobili da Castiglione, parente di papa Niccolò V, fattosi sacerdote quarantenne nel 1447, già Rettore-commendatario dal 1433 dell’Ospitale di San Pellegrino in Alpe, egli governò anche il monastero di Frassinoro dove si occupava della parrocchia. Le risorse non permisero all’abate-commendatario Leonello di ripristinare la vita monastica, ma restaurò parte degli edifici, commissionò la costruzione di una nuova chiesa sempre dedicata alla Beata Vergine Assunta, nel 1450, che assumerà in seguito il titolo parrocchiale di Santa Maria Assunta e san Claudio; contemporaneamente furono edificati la canonica, il campanile e il cimitero.

Stemma di Leonello de’ Nobili

Alla sua morte nel 1473 lasciò la chiesa ultimata e un buon ricordo nella popolazione, e anche un figlio Nicolao de’Nobili, probabilmente concepito prima dell’ordinazione.

 

Con la scomparsa dell’abate Leonello tutti i beni della badia e tutte le sue rendite furono oggetto di spartizione tra i diversi abati-commendatari che gli succedettero, la cui carica venne istituita nello stesso anno della morte del Nobili, i quali risiedevano altrove, mentre la manutenzione degli edifici e l’ufficiatura furono affidate a un Vicario. Il primo della serie degli abati-commendatari fu Tommaso Benedetti da Sarzana, nominato da papa Sisto IV, protonotario apostolico e castellano di Spoleto (che sborsò alla Camera Apostolica la somma di 50 fiorini d’oro). Il 21 febbraio 1486 l’abate Benedetti verrà nominato vescovo di Luni-Sarzana e, nel 1497, rinunciò all’abbaziato.

Al suo posto venne nominato il vescovo di Modena, Giambattista Ferrari, poi cardinale; al quale successe Giammatteo Sertorio, nominato da papa Giulio II il 4 giugno 1504, contemporaneamente alle cariche di Rettore di San Vito Vallombrosa e parroco di Ficarello (Polesine) e canonico della cattedrale di Ferrara. Divenuto abate di San Vittore di Marsiglia nel 1521 e poi vescovo di Volterra nel 1531 e arcivescovo di Santa Severina.

Nel 1545 gli succede all’abbaziato frassinorese il nipote Giulio Sertorio, già vescovo di Teano. Questi investe la madre, Antonia Pallavicino, di un vasto territorio tra Rubiera e Casalgrande, e il parente Cristoforo Sertorio di una parte cospicua della grande Selva.

 

Il castello di Sassolato, residenza dell’abate e delle milizie abbaziali, venne abbandonato (oggi ne restato alcune strutture, contrassegnate con lo stemma degli ultimi abati commendatari).

 

Il successore alla carica, il milanese card. Giovanni Morone, vi rinunciò quasi subito in favore del nipote Galeazzo Morone, protonotario apostolico, che rinnovò l’investitura della Selva Romanesca al Comune di Riccovolto, il quale vi costruirà la chiesa. Papa Gregorio XIII il 19 giugno 1573, lo nominò vescovo di Macerata-Recanati e cedette la carica di abate di Frassinoro a Girolamo Mechiori (che gli succederà anche sulla cattedra di Macerata).

 

L’ultimo abate commendatario, il cardinale Alessandro Riario, patriarca di Alessandria d’Egitto, fece ristrutturare la chiesa ridimensionandola, nelle forme che esistono ancora oggi.

Stemma del Cardinale Alessandro Riario

Alla morte del Riario il 18 luglio 1585 papa Sisto V concesse tutti i beni e le rendite dell’abbazia al Collegio dei Maroniti di Roma, istituito da Gregorio XIII per alloggiarvi e istruirvi i giovani cristiani provenienti dalla Siria. Una splendida pala dipinta da Ercole Setti nel 1609, con le figure dell’Assunta, San Claudio e San Lorenzo testimonia la cura che il Collegio Maronita diede almeno alla chiesa di Frassinoro,  Il basamento dell’ancona reca due stemmi con iscrizioni; in quello di destra vi è l’arme gentilizia (“trinciato d’oro e d’azzurro, al leone dell’uno all’altro, alla banda diminuita di rosso sulla partizione”) della famiglia Grassetti con la legenda: “Alexander Grassetti Procurater Mutinensis“, che conferma come al momento della realizzazione Alessandro Grassetti fosse procuratore a Modena per il Collegio dei Maroniti. Lo scudo è fiancheggiato da una scritta “Expensis vestris societatis SS. Sacramenti“, che attesta come la spesa della doratura fosse stata sostenuta dalla locale Compagnia del Santissimo Sacramento (nello stemma a sinistra l’emblema gesuitico, costituito da una raggiera con teca recante l’iscrizione IHS sovrastata da una piccola croce e, nella parte inferiore, i chiodi simbolo della passione di Cristo, si legge l’iscrizione: “Hec arca aurata fuit Archipresbiter Dominus Biagius Sassatellus Anno Domini 1708“, secondo la quale l’ancona venne ridorata nel 1708 mentre era arciprete di Frassinoro Biagio Sassatelli). 

 

Il 17 aprile 1771 il duca di Modena Francesco III d’Este espropriò tutto il complesso ormai cadente, per affidarlo all’Opera Pia Generale dei Poveri di Modena, a patto che venissero ristrutturati la chiesa, il campanile, la canonica e la sagrestia, con nuovi arredi e con un parroco che officiasse i riti.

In seguito, la chiesa seguì le sorti dell’Opera Pia: soppressa alla nascita del Regno d’Italia, confluì alla Congregazione di Carità di Modena, che nel 1926 decise di vendere la struttura e i fabbricati annessi alla Parrocchia, dedicata alla Beata Vergine Assunta, nel vicariato del Dragone della Diocesi di Modena-Nonantola.

 

L’interno della chiesa attuale è suddiviso da massici e tozzi pilastri, molti pezzi originali romanici sono stati reimpiegati in varie parti del tempio, che esiste tutt’ora, altri costituiscono pezzi interessanti del piccolo museo abbaziale.

 

Il campanile che dal 1910 sostituisce quello antico, sorge isolato, è aperto in alto da bifore con colonnine e antichi capitelli.

 

Lo stemma dell’abbazia, dal quale è derivato lo stemma del Comune di Frassinoro, è un classico stemma “parlante”, con un albero di frassino d’oro, che si blasona: “d’azzurro, al frassino nodrito sulla cima di un monte di tre colli, il tutto d’oro”. il monte e gli smalti richiamano l’emblema dell’Ordine Benedettino.

Stemma dell’Abbazia di Santa Maria Assunta e San Claudio di Frassinoro

Stemma del Comune di Frassinoro

Nota di Massimo Ghirardi, Lucia Piguzzi e Alessandro Neri

Si ringrazia per la collaborazione Arturo Zannini.

 

 

Bibliografia:

 

AA.VV. 1992 – Le Case, le Pietre, le Storie, Itinerari nei comuni della Provincia di Modena. Provincia di Modena/Carimonte Banca Spa/Grafiche Zanini Editore, Anzola dell’Emilia, pp. 160-166.

 

Gavioli (Francesco). 1972 – Gli Abati commendatari di Frassinoro (1429-1585), in atti del convegno “Frassinoro e le Valli del Dolo e del Dragone”, Aedes Muratoria, Modena.

 

Romolotti (Giuseppe).1972 – Storia e Guida ai Comuni Emiliani. Editrice il Quadrato, Milano, p. 154.

Stemma Ridisegnato


Disegnato da: Massimo Ghirardi

Stemma Ufficiale


Logo


Bozzetto originale acs/Pdc


Altre immagini




Profilo araldico


“D’azzurro, al frassino nodrito sulla cima di un monte di tre colli, il tutto d’oro”

Oggetti dello stemma:
cima, colle, frassino
Attributi araldici:
nodrito

LEGENDA

  • stemma
  • gonfalone
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  • sigillo
  • città
  • altro
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  • istituzione nuovo comune