Beata Serafina Sforza


Beata Serafina Sforza

Sveva da Montefeltro nacque alla corte dei conti di Urbino da Guidantonio e Caterina Colonna, nel 1434; era la minore di cinque figli, oltre al fratellastro Federico (1422-1482), che diverrà il celebre duca di Urbino.

Alla morte del padre nel 1443, del fratello Oddantonio, nel 1444 (della quale venne sospettato Federico), e della madre, nel 1445, Sveva fu inviata a Roma presso la famiglia Colonna, dove ricevette una ottima educazione culturale e religiosa.

Tornò a Pesaro, nel 1447, per sposare Alessandro Sforza il successivo 9 gennaio 1448. Il matrimonio venne celebrato per procura e i due sposi si incontrarono il 1° settembre. Il marito era già vedovo di Costanza da Varano dalla quale aveva avuto due figli, Battista e Costanzo, mentre la nuova moglie non gli darà figli.

Poiché Alessandro Sforza era spesso impegnato nelle imprese militari, Sveva divenne tutrice dei figliastri e reggente la signoria di Pesaro, compito che svolse con scrupolo, ma il marito non le fu riconoscente e, tornato nel 1457 si prese come concubina Pacifica Samperoli di Montelevecchie e cercò addirittura di avvelenare la moglie; la accusò di adulterio e la relegò nel monastero del Corpus Domini, nel 1460, allora guidato dalla badessa Felicia Meda, dove, con il permesso di papa Callisto III, fece la professione solenne assumendo il nome di Suor Serafina.

Nel 1468 Alessandro Sforza, consigliato dal religioso fra’ Giacomo della Marca, si ravvedette: allontanò la Samperoli, restituì a suor Serafina la dote che questa gli aveva lasciato, affinché se ne servisse per le necessità del monastero, della quale era diventata badessa, nel 1475, e così divenne la sua miglior consigliera.

Madre Serafina morì santamente l’8 settembre 1478 e le vennero attribuite da subito grazie e miracoli per sua intercessione.

Nel 1748 il Vescovo Luigi Umberto Radicati aprì il processo di beatificazione e nel 1754 la Sacra Congregazione dei Riti emanò il decreto di beatificazione sottoscritto papa Benedetto XIV.

 

Lo stemma della famiglia della badessa è quello della dinastia dei Montefeltro e si blasona, nella versione portata dal padre Guidantonio in quanto conte di Urbino: “bandato d’azzurro e d’oro, con la banda superiore d’oro caricata da un aquila di nero posta in sbarra”. È quello originario della famiglia, al quale fu aggiunta la piccola aquila sulla prima banda d’oro come indicazione dell’appartenenza allo schieramento ghibellino di cui i Montefeltro furono esponenti.

In seguito, Federico la inquarterà con l’aquila nera in campo oro, il cui significato è controverso: secondo alcuni sarebbe il primitivo stemma della città di Urbino, che, anticamente retta dal vescovo-conte, avrebbe scelto come espressione simbolica della comunità l’emblema proprio dell’Impero e della fazione ghibellina; secondo altri sarebbe un secondo stemma della casata, già usato da Oddantonio (1427-1444) nel sigillo di una lettera del 1442 e, ancor prima, da Antonio da Montefeltro (1348-1404) nel sigillo di una lettera del 1403 e poi nel suo sepolcro.

 

© 2024, Massimo Ghirardi

Stemma Ridisegnato


Disegnato da: Massimo Ghirardi

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Profilo araldico


“Bandato d’azzurro e d’oro, con la banda superiore d’oro caricata da un aquila di nero posta in sbarra”
Colori dello scudo:
azzurro, oro
Partizioni:
bandato
Oggetti dello stemma:
aquila
Pezze onorevoli dello scudo:
sbarra
Attributi araldici:
posto in sbarra, superiore

LEGENDA

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