Beato Emerico di Quart


Beato Emerico di Quart

Emerico di Quart, nacque a Quart (Ao), nel 1250 circa, è venerato come beato dalla Chiesa cattolica. Nacque dalla nobile famiglia dei signori della Porta di Sant’Orso che innalzavano lo storico stemma che li lega alle porte del borgo di Sant’Orso: «D’argento, al castello a due torri di rosso, murato di nero e merlato alla guelfa, aperto del campo, all’orso di nero, collarinato d’argento, passante alla base della porta e ad essa incatenato di nero». Lo stemma vescovile riporta, oltre al galero verde con 6 nappe per parte, gli altri simboli propri dei vescovi. Quello del vescovo di Aosta, grazie al titolo di conte di Cogne ottenuto attorno al 1200 e conservato fino al 1958, porta anche la corona di rango.

Emerico ebbe i natali proprio nel castello di famiglia. Suo padre era Zacharie detto Jacques II di cui si sa poco, ma che è citato prevalentemente tra il 1231 e il 1281. La famiglia aveva la signoria di Quart ed era erede del titolo che gli derivava dall’appartenenza alla storica casata «de la Porte Saint-Ours», famiglia che controllava il borgo di Sant’Orso ad Aosta e che di lì aveva esteso i suoi possedimenti sul territorio di Quart. La fama della famiglia derivava anche dal fatto di aver dato alla chiesa aostana ben tre vescovi.

Anche nella famiglia di Emerico i ruoli erano stati già ben definiti: il fratello maggiore, Jacques III, aveva il dovere di mantenere i possedimenti famigliari, ma anche di assicurare alla famiglia la discendenza: il fratello, Aimone di Quart, è, invece, destinato alla carriera ecclesiastica che percorrerà con un buon successo dato che diventerà vescovo di Ginevra. Anche gli altri fratelli si dedicheranno alla carriera ecclesiastica: Henri di Quart diventerà prevosto della cattedrale di Aosta mentre Guillaume, arriverà alla carica arcivescovile.

Emerico non venne subito indirizzato alla carriera religiosa. Fece comunque studi teologici e divenne dottore, dopo di che tornò al castello, ma la vita mondana che vi si teneva non gli piaceva, pertanto cercò di assecondare le sue necessità recandosi a vivere sui monti sovrastanti in una località che verrà detta poi la Valsainte. Lì vi si recava per per pregare, lontano dai disturbi. Il luogo isolato e selvaggio lo conciliava nelle sue meditazioni, lo aiutava a concentrarsi per contemplare i misteri della fede e lì si poteva dedicare alla penitenza senza avere attorno una serie di persone che avrebbero potuto tacciarlo di voler esibire la sua umiltà.

La gente era ormai abituata ai suoi passaggi: passava alla mattina quando ancora era buio per recarsi sul monte e spesso vi rimaneva per più giorni nutrendosi di quello che trovava. In seguito, dopo la sua morte, malgrado il luogo fosse di difficile accesso, venne costruito un eremo che ne ricordasse la presenza nel luogo in cui si recava a pregare. Nessuno dunque si stupì quando, come narra una leggenda, vennero trovate le tracce delle sue ginocchia su di una roccia sulla quale pregava.

L’eremitaggio non durò per sempre e così, vuoi per la nobiltà della famiglia e gli onori ecclesiastici di fratelli e parenti vuoi perché ritenuto «santo» anche prima della morte, quando ritornò nella comunità ecclesiale venne immediatamente accolto tra i canonici della Collegiata di Sant’Orso e, non si sa se prima o dopo, ricoprì l’incarico di suddiacono nel Capitolo della Cattedrale.

Era solo il prologo della sua carriera. Nel 1301, morì il vescovo di Aosta, Nicola I Bersatori e, in ragione della sua fama, Emerico venne scelto per succedergli. Non risultano rifiuti da parte sua, ma certamente la nomina deve avergli portato non pochi dubbi per il sistema di vita estremamente differente da quello a lui più consono. Malgrado tutto, alla fine del 1301 Emerico si recò a Biella perché Aimone di Challand, vescovo di Vercelli, lo consacrasse vescovo.

Il suo periodo di vescovato fu molto breve, poco meno di 11 anni, ma estremamente intenso: convocò un sinodo diocesano, costruì nuove chiese e istituì la festa del Concepimento di Maria. Importante, per ricostruire le consuetudini feudali valdostani, fu un libro da lui scritto in questi anni, «Liber censum» a lungo punto di riferimento di studiosi e storici. Il suo fu un episcopato in linea con il suo modo di vivere: nei confronti delle ingiustizie e del male si mostrò sempre inflessibile, mentre fu sempre disponibile e attento alle persone e venne loro in soccorso per quanto gli era possibile. Le sue attenzioni erano principalmente rivolte ai bambini e alle fasce popolari più deboli e spesso vittime di ingiustizie e vessazioni. Quando morì, il 1° settembre 1313, venne proclamato santo direttamente dal popolo e dal clero e i vescovi di Aosta accettarono sempre il culto a lui dedicato. Tuttavia, i tempi ecclesiastici sono più lunghi di quelli popolari e il titolo di beato gli venne assegnato solamente il 14 luglio 1881 da papa Leone XIII.

Vengono affidati alla sua protezione gli ammalati, in particolare i bambini, e i parti difficili.

 

Nota di Bruno Fracasso

Stemma Ridisegnato


Stemma Ufficiale


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Bozzetto originale acs/Pdc


Altre immagini


Profilo araldico


«D’argento, al castello a due torri di rosso, murato di nero e merlato alla guelfa, aperto del campo, all’orso di nero, collarinato d’argento, passante alla base della porta e ad essa incatenato di nero».

Colori dello scudo:
argento
Oggetti dello stemma:
castello, orso, porta, torre
Attributi araldici:
aperto, incatenato, murato, passante

LEGENDA

  • stemma
  • gonfalone
  • bandiera
  • sigillo
  • città
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  • motto
  • istituzione nuovo comune