Precettoria – Abbazia di Sant’Antonio di Ranverso
Precettoria – Abbazia di Sant’Antonio di Ranverso
La Precettoria – Abbazia di Sant’Antonio di Ranverso è un complesso religioso si trova nella bassa Val Susa, nella frazione di Ranverso, Comune di Buttigliera Alta. Si tratta di una “Precettoria” dipendente dall’Ordine dei Canonici Ospedalieri di Sant’Antonio Abate di Vienna.
La Precettoria, deriva dal termine latino praeceptor con significato di “custode, sorvegliante” e, in seguito, di “prefetto, controllore, comandante, guida”, anche spirituale e infine di “educatore”, con l’italiano “precettore”.
Nel nostro contesto e nel diritto canonico è una struttura religiosa (spesso di un ordine Ospitaliere o Cavalleresco) retta da un Precettore (equivalente di “priore”) e composte da una chiesa, talvolta avente titolo abbaziale, monastero, da edifici destinati a foresteria, ospedale, magazzinaggio di prodotti agricoli e un podere, talora ampio diverse centinaia di ettari, con rogge, canali, peschiere, che doveva assicurare la sussistenza alimentare e che comprendeva spesso un “giardino dei semplici” dove si coltivavano erbe officinali e curative. Tecnicamente i Precettori antoniani erano nominati dall’unico Abate generale dell’Ordine, residente nell’abbazia di Saint-Antoine (Saint-Antoine-l’Abbaye) che si trovava nei pressi di Vienne, città nel Delfinato francese (dipartimento dell’Isère). La denominazione di “precettoria” accentua il ruolo dell’insegnamento che veniva impartito ai membri dell’Ordine per il trattamento e la cura dei malati. Tutte le case dipendenti degli Antoniani si definiscono “Precettorie”.
Oltre a quella di Ranverso altri esempi italiani dell’Ordine sono la precettoria di Barletta e quella di Narni.
Negli Ordini Monastico-Cavallereschi la “Precettoria” corrisponde ad una “Provincia” dell’Ordine stesso.
Una cappella detta “de Rivus Inversus” è nota dal 1156, ma del 1188 è documentata la donazione del terreno da parte di Umberto III di Savoia (1149-1188) ai canonici regolari di Sant’Antonio di Vienne, noti come “Antoniani” o “Frati del Tau”, con l’intento di creare una struttura dotata di foresteria per i pellegrini e un “hospitale” per i malati, in particolare per coloro i quali erano afflitti dal “fuoco di sant’Antonio” (ergotismo o herpes zoster).
L’ubicazione era strategica poiché rappresentava un’importante tappa della Via Francigena di entrambi i percorsi provenienti dai vicini valichi del Moncenisio e del Monginevro, prima di entrare nelle città di Rivoli e successivamente di Torino, in grado quindi di contrastare eventuali diffusioni di epidemie.
Con le feroci pestilenze della seconda metà del XIV secolo, l’ospedale di Ranverso svolse un ruolo fondamentale per la cura e l’assistenza agli appestati, poiché venivano attuate pratiche di isolamento e cura delle piaghe infette mediante il grasso dei maiali per evitare l’espandersi dell’infezione. (la stessa iconografia di sant’Antonio abate si modificò col il santo rappresentato con accanto a un porcellino).
Il complesso fu rimaneggiato più volte nel corso dei secoli alterandone fortemente la forma originale e l’ultimo intervento conclusivo a completamento della chiesa fu operato nell’ultimo trentennio del XV secolo su volere di Jean de Montchenou, vescovo di Viviers, che venne nominato abate-commendatario e cellerario di Ranverso il 22 aprile 1470 da papa Paolo II; all’epoca il complesso comprendeva l’ospedale (del quale rimane l’elegante facciata), la precettoria e la chiesa.
Alla fine del XVIII secolo S. Antonio di Ranverso godeva di un vasto patrimonio sparso non solo nel territorio circostante, comunque abbastanza popolato.
Nel 1776, dopo la soppressione dell’Ordine Ospedaliero degli Antoniani (in Francia confluiti nei Cavalieri di Malta), i possessi di Sant’Antonio di Ranverso contavano circa un quarto dei terreni dell’attuale Comune di Buttigliera Alta e quattro grandi cascine; queste proprietà furono assegnate da papa Pio VI all’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro (Mauriziano), che ne è ancora il proprietario.
Il complesso è stato dichiarato monumento nazionale nel 1883 e restaurato prima da Alfredo D’Andrade e da Cesare Bertea all’inizio del Novecento.
Per il suggestivo aspetto “gotico” nel 2007 gli esterni di Ranverso sono stati luogo di ripresa di alcune scene del film di Dario Argento “La terza madre”.
Lo stemma dell’istituzione è dipinto in due esemplari nella facciata restaurata nel XIX secolo, anche se ne esistono (visibili in diversi luoghi del complesso) diverse varianti, si può blasonare: “d’oro, alla Tau d’azzurro, accompagnata da tre fiammelle di rosso, due ai fianchi e una in capo”.
Nota di Massimo Ghirardi
Si ringrazia Lorenzo Marmiroli per la gentile collaborazione
Stemma Ridisegnato
Disegnato da: Massimo Ghirardi
Stemma Ufficiale
Logo
Bozzetto originale acs/Pdc
Altre immagini
Particolare del nartece della Precettoria Abbazia.
Foto di Massimo Ghirardi
Particolare del nartece della Precettoria Abbazia.
Foto di Massimo Ghirardi
Dettaglio della facciata delle precettoria – Abbazia.
Foto di: Massimo Ghirardi.
Dettaglio della facciata delle precettoria – Abbazia.
Foto di: Massimo Ghirardi.
Profilo araldico
“D’oro, alla Tau d’azzurro, accompagnata da tre fiammelle di rosso, due ai fianchi e una in capo”.
LEGENDA
- stemma
- gonfalone
- bandiera
- sigillo
- città
- altro
- motto
- istituzione nuovo comune