San Pellegrino Laziosi


San Pellegrino Laziosi

San Pellegrino nacque a Forlì nel 1265, nella casa di famiglia (che si trova oggi al numero 15 di Via Giovita Lazzarini); il padre era Berengario della nobile famiglia ghibellina dei Laziosi, alleata degli Ordelaffi e come loro fieramente anticlericale, e della nobile Flora Aspini.

Nel 1824 papa Martino V inviò Filippo Benizi, Superiore Generale dei Servi di Maria, in Romagna per predicare il ritorno della popolazione all’obbedienza al pontefice, ma venne espulso da Forlì e il ventenne Pellegrino, era nel gruppo di coloro che insultarono e dileggiarono il messo papale.

Se ne pentì e raggiunto Benizi fuori città nella località di Ronco, si gettò ai suoi piedi per chiedergli umilmente perdono.

Circa dieci anni dopo, a seguito di intense preghiere alla Vergine perché gli mostrasse la via della salvezza, entrò in quello stesso ordine dei Servi di Maria. Dopo il noviziato e la professione a Siena, fu inviato nel convento di Forlì.

Quando aveva circa sessant’anni, fu afflitto da vene varicose che gli procurarono una cancrena alla gamba destra. Il medico del convento, Paolo Salaghi, decise per l’amputazione. Ma la notte prima dell’operazione, trascinandosi verso il crocifisso, il monaco guarì miracolosamente. Si sparse la voce in città e il religioso acquisì fama di santità. Fu venerato già in vita come protettore dalle malattie croniche e dai tumori.

Morì ottantenne il 1º maggio 1345 consunto dalla febbre; il suo corpo riposa presso la chiesa dei Servi di Maria a Forlì, in una teca di cristallo, nel centro di Forlì.

Il culto del beato Pellegrino Laziosi fu confermato da papa Clemente XI l’11 settembre 1702; il 27 dicembre 1726 fu canonizzato da papa Benedetto XIII. Il suo elogio si legge nel Martirologio Romano al 1º maggio.

È venerato come “protettore degli ammalati di cancro” e riconosciuto anche come santo da invocare per i mali delle gambe. È inoltre il patrono degli ammalati di AIDS e di ogni altra malattia di particolare gravità.

Pellegrino Laziosi è co-patrono della città di Forlì, dove si svolge una fiera in suo onore, il 1º maggio di ogni anno, caratterizzata dalla vendita di cedri.

L’Ordine dei Servi di Maria ne celebra la festa nel giorno 4 maggio.

 

Il primo esponente dei Laziosi è un tale Bartolomeo di Cola nel 1389, sposo di Bernardina Bonucci. Forse l’origine è da ricercare in un oscuro capostipite Lazioso, nome che ricorre diverse volte lungo la linea dinastica, la famiglia si imparenterà con molti esponenti dell’aristocrazia padana, dando origine ai Tomasoli Laziosi, ai Laziosi di Mantova.

Nel XVI secolo un ramo della famiglia si trasferì nel Lazio, dando origine al ramo dei Laziosi, che prese dimora a Viterbo e dove verrà ascritta al patriziato locale. Di questa branca della famiglia Antonio (1631-1698), medico, divenne confidente dei re di Polonia Giovanni Casimiro e Michele, si trasferirà in quel paese, divenendo un aristocratico polacco e mutando il proprio cognome in Zablorski, dal nome di una località feudale che oggi si trova in Bielorussia. Giovanni Battista Laziosi, cappuccino, prese il nome di fra’Michele, ebbe vita esemplare e avventurosa: nel 1684 era prefetto dei cappellani delle galere (navi da guerra) pontificie e salpò da Civitavecchia verso le isole greche. Contribuì alla conquista di Santa Maura (Leucade) e di Prevesa (Preveza) fino a morire a Corfù dove venne sepolto.

Lo stemma di famiglia si blasona: “inquartato: al primo d’oro all’aquila di nero; il secondo e il terzo di rosso alla stella (6) d’argento, il quarto d’oro alla stella (6) d’argento”.

L’aquila testimonia l’appartenenza al partito filo-imperiale “ghibellino”.

 

© Massimo Ghirardi, 2024

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Disegnato da: Massimo Ghirardi

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Profilo araldico


“Inquartato: al primo d’oro all’aquila di nero; il secondo e il terzo di rosso alla stella (6) d’argento, il quarto d’oro alla stella (6) d’argento”.

Colori dello scudo:
oro, rosso
Partizioni:
inquartato
Oggetti dello stemma:
aquila, stella

LEGENDA

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