Chianti
Il geografo Emanuele Repetti, nella sua monumentale opera sulla Toscana Granducale, definiva il Chianti una «vasta, montuosa, boschiva e agreste contrada, celebre per i suoi vini, per il saluberrimo clima e più celebre ancora per la sua posizione geografica, la quale può dirsi nel centro della Toscana […]; ed è nei monti del Chianti dove hanno origine cinque fiumane, le quali per tre direzioni diverse e per altrettanti valloni fluiscono; finalmente è nel Chianti dove si toccano i territorj di cinque antiche diocesi, Arezzo a levante, Siena a ostro, Volterra a ponente (attualmente Colle), Firenze e Fiesole a settentrione».
Zona eminentemente collinare, è geograficamente delimitata a est dal contrafforte dei Monti del Chianti che la separa dal Valdarno Superiore, mentre a ovest il confine è meno netto, delineabile nell’alto corso del corso dell’Elsa e dalla Pesa, tributari dell’Arno. Il coronimo Chianti è di probabile origine etrusca, che a seconda degli autori viene fatto derivare dal nome personale Clante o Kiante. La presenza etrusca è del resto bene attestata, con il territorio chiantigiano diviso tra le lucumonie di Arezzo, Chiusi e Volterra, e le importanti testimonianze archeologiche di Cetamura e Castellina.
Nel corso del Medioevo la zona si presentava densa di zone silvestri ma priva di centri demici rilevanti. Per contro fu punteggiata da numerosi castelli, eretti da una aristocrazia locale sulla quale predominavano i Ricasoli (1) e i Firidolfi da Panzano (2), originati dalla stessa casata. Al potere feudale si affiancò quello di potenti abbazie, quali furono quelle di Badia Isola, Passignano e Coltibuono.
In questo contesto si inserì fin dal XII secolo la lotta per la penetrazione nel territorio chiantigiano delle città di Siena e Firenze, ormai stabilmente organizzate come Comuni. La città del Fiore, più che con la forza militare, riuscì a stabilire il proprio controllo su un’importate zona di confine come quella chiantigiana per mezzo di una avveduta azione sviluppata attraverso il controllo delle influenti abbazie e della minore aristocrazia locale. Dopo un’annosa serie di contrasti e controversie le due città vennero a patti, stabilendo di comune accordo – con la pace di Fonterutoli prima (1201) e il lodo di Poggibonsi poi (1203) – una linea di confine. Con questi accordi il Chianti, già sottoposto all’autorità religiosa dei vescovi di Firenze e di Fiesole, venne accorpato al contado fiorentino, nonostante la linea di demarcazione si trovasse a meno di venti chilometri a nord della città del Palio. Pur rimasto sostanzialmente immutato fino alla conquista medicea del 1555, il confine fu tuttavia motivo di contesa anche nei secoli successivi.
Agli inizi del XIV secolo, quando, Firenze riorganizzò il proprio contado suddividendolo in Leghe, la parte più meridionale del territorio chiantigiano venne aggregata nella vasta «Lige de Chianti», nel 1322 sottoposta all’autorità di un Capitano di nomina fiorentina che percepiva un compenso di ottanta fiorini piccoli. La documentazione successiva attesta che la Lega del Chianti comprendeva ben settantuno Popoli (cioè territori parrocchiali) e un Comune, suddivisi nei terzi di Radda, Gaiole e Castellina. A partire dal 1376, a seguito di una successiva riorganizzazione, il territorio venne sottoposto alla giurisdizione civile di un podestà di nomina fiorentina, con sede a Radda e – a partire dal 1424 – al Vicariato di Certaldo per quella penale. Tale conformazione rimase immutata anche al tempo del principato mediceo, fino agli anni Settanta del XVIII secolo.
La lega del Chianti ebbe per insegna un gallo nero in campo d’oro, della quale si trova attestazione monumentale nei lacunari vasariani del soffitto del Salone dei Cinquecento, in Palazzo Vecchio a Firenze. Nella decorazione araldica del Palazzo Vicariale di Certaldo, lo stemma chiantigiano è invece ormai del tutto illeggibile. L’unica attestazione cartacea è costituita dal Manoscritto 475 dell’Archivio di Stato fiorentino, che presenta un «gallo nero e bianco, bargigli, e cresta rossi» nel campo d’oro.
L’origine di questo stemma si fa risalire a un curioso aneddoto, secondo il quale Firenze e Siena, dopo anni di dispute e battaglie, determinarono di dirimere in modo pacifico la spinosa questione dei confini. Fu stabilito che al canto del gallo un cavaliere fiorentino si sarebbe lanciato al galoppo dalla porta cittadina alla volta di Siena, e lo stesso avrebbe fatto in senso contrario un valoroso cavaliere senese. Narra la leggenda che i senesi scelsero allo scopo un gallo bianco, che nei giorni precedenti ricoprirono di tutte le attenzioni; i fiorentini invece scelsero un galletto nero e spennacchiato, che però aveva il vizio di cantare ben prima dell’alba, mentre il pigro e ben pasciuto galletto senese se la prese piuttosto comoda. Fu così che il cavaliere fiorentino poté avvantaggiarsi di un buon tratto di strada, fino a incontrare il cavaliere avversario a Fonterutoli, a pochi chilometri da Siena.
Radda, capoluogo della Lega del Chianti, ebbe uno stemma proprio, che le attestazioni più attendibili documentano come un ponte a due arcate sormontato da una stella (1). La mancanza in loco di un corso d’acqua che ne giustifichi la presenza, fa supporre piuttosto l’immagine di un ponte ideale, quale fu in effetti il territorio chiantigiano a far da cerniera tra Firenze e Siena.
Anche Castellina ebbe un proprio stemma, attestato nel chiostro della basilica di San Lucchese a Poggibonsi; è costituito da una torre, simile a quella del forte cassero, sulla quale vigila un gallo nero (2), a sottolineare la funzione di baluardo difensivo di quel borgo fortificato. Pur appesantito da superfetazioni di origine ottocentesca, lo stemma in uso dal Comune di Castellina è oggi l’unico che conservi memoria del simbolo che caratterizzò la Lega medievale.
Non resta invece documentazione attendibile di una insegna del terzo di Gaiole, sede di un vivace mercatale.
La Lega di Greve, o Valdigreve, comprendeva invece la parte centrale del territorio chiantigiano, includendo nel 1355 ventiquattro Popoli e un Comune. La sua insegna sopravvive in un esemplare lapideo riferibile al sec. XV, oggi conservato nella sede municipale grevigiana, nel quale si trova rappresentato un leone che con la branca destra tiene uno stocco poggiato sulla spalla e, caricato sull’omero, lo scudetto del Popolo Fiorentino, d’argento alla croce di rosso (1). Numerose e controverse sono invece le attestazioni esistenti sui blasonari di epoca granducale; nella redazione meglio attestata e più attendibile il leone, pur rimanendo figura centrale, si trova sostenuto da un monte araldico di sei cime, privo degli attributi guerreschi (2). Le figure che campeggiano su questi scudi danno indizi su una precedente araldica dei pivieri insistenti sul territorio, quali il leone, figura parlante e attributo agiografico della pieve di San Leolino a Panzano, e i monti, ancora elemento parlante per quello di Monteficalle. Diamo infine conto di una terza tipologia, nella quale il leone è rappresentato passante (tecnicamente illeopardito), armato di spada e scudo crociato, nella prima partizione di un troncato azzurro-oro (3), che in seguito verrà ripreso dallo stemma moderno del Comune di Greve in Chianti.
Alla Podesteria di Valdigreve era sottoposta la piccola Lega di Cintoia, estesa sul versante ovest dei monti del Chianti e priva di un centro demico rilevante. La sua insegna, documentata da un bell’esemplare sfragistico (sec. XVI?) oggi nelle collezioni del Bargello, è riferibile alla tipologia parlante e mostra tre cinture poste in banda, con la fibbia in alto (1).
Verso la Val di Pesa si sviluppava invece il territorio della Podesteria di San Casciano, affacciata sul Chianti soprattutto col cosiddetto Terzo di Campoli, che godeva di una certa autonomia, come il diritto di eleggere ufficiali propri, in forza anche della presenza di un’attiva piazza di mercato, che prese semplicemente il nome di Mercatale. Nelle più risalenti insegne della Podesteria i segni di questo terzo – una campana e un crescente, riscontrabili in una lapide nella loggia della locale pieve – sono ben evidenti a sormontare le due torri del castello in campo rosso. Quest’ultima figura rappresenta invece il capoluogo, che dopo le devastazioni subite attorno alla metà del XIV secolo venne provvisto di una forte cinta muraria (2).
Con le riforme volute dal granduca Pietro Leopoldo di Lorena, che nel 1774 sciolse le preesistenti forme di governo locale, il territorio di quella che fu la Lega del Chianti venne suddiviso nelle tre Comunità di Radda, Gaiole e Castellina, mentre le ex Podesterie di Valdigreve e San Casciano dettero vita ad altrettante Comunità, tutte quante comprese nel Compartimento fiorentino. Con l’Unità d’Italia il territorio chiantigiano perse la propria unità storicamente attestata; i Comuni di Radda, Gaiole e Castellina vennero assegnati alla Provincia di Siena, e quelli di Greve e San Casciano alla Provincia di Firenze. Nel 1865 tutti questi comuni vennero contraddistinti col determinativo topografico “in Chianti”, ad eccezione di San Casciano, che adottò l’appellativo “in Val di Pesa”.
Oggi il gallo nero dà nome e simbolo al consorzio vinicolo del Chianti Classico, creato nel 1932 in un territorio di oltre 72.000 ettari suddiviso tra le Province di Firenze e Siena che include i Comuni sopra citati e, in parte, quelli di Barberino Tavarnelle, Castelnuovo Berardenga, Poggibonsi e San Casciano in Val di Pesa. Dal 1984 i vini qui prodotti sono iscritti all’Albo della D.O.C.G.
Nota a cura di Michele Turchi
Bibliografia
– E. Repetti, Dizionario Geografico, Fisico, Storico della Toscana, Firenze 1833-46, vol. I.
– L. Passerini, Le armi dei Municipj Toscani, Firenze 1864.
– G. Brachetti Montorselli, I. Moretti, R. Stopani, Le strade del Chianti Gallo Nero, Firenze 1984.
– A. Falassi (a cura di), Il Chianti fra Firenze e Siena , Radda in Chianti 1986.
– L. Borgia, Introduzione allo studio dell’araldica civica italiana con particolare riferimento alla Toscana, in Gli stemmi dei Comuni Toscani al 1860, a cura di G.P. Pagnini, Firenze 1991.
– C. Baldini, Le tre Leghe del Chianti, San Casciano V.P. 1997.
– AA.VV, I mercatali del Chianti, Radda in Chianti 2000.
– V. Favini, L’organizzazione amministrativa e araldica di una “provincia” fiorentina: il Vicariato di Certaldo, in: V. Favini, A. Savorelli, Segni di Toscana, Firenze 2006.
– F. Fumi Cambi Gado-Emanuele Grazzini-Alice Ruscelli, Stemmi dei Podestà e Segni dei Notai della antica Lega del Chianti, Firenze 2018.
– B. Gelli, Il gallo, la torre e la branca. Indagine storica e iconografica dei due stemmi di Castellina in Chianti, Siena 2019.
LEGENDA
Il geografo Emanuele Repetti, nella sua monumentale opera sulla Toscana Granducale, definiva il Chianti una «vasta, montuosa, boschiva e agreste contrada, celebre per i suoi vini, per il saluberrimo clima e più celebre ancora per la sua posizione geografica, la quale può dirsi nel centro della Toscana […]; ed è nei monti del Chianti dove hanno origine cinque fiumane, le quali per tre direzioni diverse e per altrettanti valloni fluiscono; finalmente è nel Chianti dove si toccano i territorj di cinque antiche diocesi, Arezzo a levante, Siena a ostro, Volterra a ponente (attualmente Colle), Firenze e Fiesole a settentrione».
Zona eminentemente collinare, è geograficamente delimitata a est dal contrafforte dei Monti del Chianti che la separa dal Valdarno Superiore, mentre a ovest il confine è meno netto, delineabile nell’alto corso del corso dell’Elsa e dalla Pesa, tributari dell’Arno. Il coronimo Chianti è di probabile origine etrusca, che a seconda degli autori viene fatto derivare dal nome personale Clante o Kiante. La presenza etrusca è del resto bene attestata, con il territorio chiantigiano diviso tra le lucumonie di Arezzo, Chiusi e Volterra, e le importanti testimonianze archeologiche di Cetamura e Castellina.
Nel corso del Medioevo la zona si presentava densa di zone silvestri ma priva di centri demici rilevanti. Per contro fu punteggiata da numerosi castelli, eretti da una aristocrazia locale sulla quale predominavano i Ricasoli (1) e i Firidolfi da Panzano (2), originati dalla stessa casata. Al potere feudale si affiancò quello di potenti abbazie, quali furono quelle di Badia Isola, Passignano e Coltibuono.
In questo contesto si inserì fin dal XII secolo la lotta per la penetrazione nel territorio chiantigiano delle città di Siena e Firenze, ormai stabilmente organizzate come Comuni. La città del Fiore, più che con la forza militare, riuscì a stabilire il proprio controllo su un’importate zona di confine come quella chiantigiana per mezzo di una avveduta azione sviluppata attraverso il controllo delle influenti abbazie e della minore aristocrazia locale. Dopo un’annosa serie di contrasti e controversie le due città vennero a patti, stabilendo di comune accordo – con la pace di Fonterutoli prima (1201) e il lodo di Poggibonsi poi (1203) – una linea di confine. Con questi accordi il Chianti, già sottoposto all’autorità religiosa dei vescovi di Firenze e di Fiesole, venne accorpato al contado fiorentino, nonostante la linea di demarcazione si trovasse a meno di venti chilometri a nord della città del Palio. Pur rimasto sostanzialmente immutato fino alla conquista medicea del 1555, il confine fu tuttavia motivo di contesa anche nei secoli successivi.
Agli inizi del XIV secolo, quando, Firenze riorganizzò il proprio contado suddividendolo in Leghe, la parte più meridionale del territorio chiantigiano venne aggregata nella vasta «Lige de Chianti», nel 1322 sottoposta all’autorità di un Capitano di nomina fiorentina che percepiva un compenso di ottanta fiorini piccoli. La documentazione successiva attesta che la Lega del Chianti comprendeva ben settantuno Popoli (cioè territori parrocchiali) e un Comune, suddivisi nei terzi di Radda, Gaiole e Castellina. A partire dal 1376, a seguito di una successiva riorganizzazione, il territorio venne sottoposto alla giurisdizione civile di un podestà di nomina fiorentina, con sede a Radda e – a partire dal 1424 – al Vicariato di Certaldo per quella penale. Tale conformazione rimase immutata anche al tempo del principato mediceo, fino agli anni Settanta del XVIII secolo.
La lega del Chianti ebbe per insegna un gallo nero in campo d’oro, della quale si trova attestazione monumentale nei lacunari vasariani del soffitto del Salone dei Cinquecento, in Palazzo Vecchio a Firenze. Nella decorazione araldica del Palazzo Vicariale di Certaldo, lo stemma chiantigiano è invece ormai del tutto illeggibile. L’unica attestazione cartacea è costituita dal Manoscritto 475 dell’Archivio di Stato fiorentino, che presenta un «gallo nero e bianco, bargigli, e cresta rossi» nel campo d’oro.
L’origine di questo stemma si fa risalire a un curioso aneddoto, secondo il quale Firenze e Siena, dopo anni di dispute e battaglie, determinarono di dirimere in modo pacifico la spinosa questione dei confini. Fu stabilito che al canto del gallo un cavaliere fiorentino si sarebbe lanciato al galoppo dalla porta cittadina alla volta di Siena, e lo stesso avrebbe fatto in senso contrario un valoroso cavaliere senese. Narra la leggenda che i senesi scelsero allo scopo un gallo bianco, che nei giorni precedenti ricoprirono di tutte le attenzioni; i fiorentini invece scelsero un galletto nero e spennacchiato, che però aveva il vizio di cantare ben prima dell’alba, mentre il pigro e ben pasciuto galletto senese se la prese piuttosto comoda. Fu così che il cavaliere fiorentino poté avvantaggiarsi di un buon tratto di strada, fino a incontrare il cavaliere avversario a Fonterutoli, a pochi chilometri da Siena.
Radda, capoluogo della Lega del Chianti, ebbe uno stemma proprio, che le attestazioni più attendibili documentano come un ponte a due arcate sormontato da una stella (1). La mancanza in loco di un corso d’acqua che ne giustifichi la presenza, fa supporre piuttosto l’immagine di un ponte ideale, quale fu in effetti il territorio chiantigiano a far da cerniera tra Firenze e Siena.
Anche Castellina ebbe un proprio stemma, attestato nel chiostro della basilica di San Lucchese a Poggibonsi; è costituito da una torre, simile a quella del forte cassero, sulla quale vigila un gallo nero (2), a sottolineare la funzione di baluardo difensivo di quel borgo fortificato. Pur appesantito da superfetazioni di origine ottocentesca, lo stemma in uso dal Comune di Castellina è oggi l’unico che conservi memoria del simbolo che caratterizzò la Lega medievale.
Non resta invece documentazione attendibile di una insegna del terzo di Gaiole, sede di un vivace mercatale.
La Lega di Greve, o Valdigreve, comprendeva invece la parte centrale del territorio chiantigiano, includendo nel 1355 ventiquattro Popoli e un Comune. La sua insegna sopravvive in un esemplare lapideo riferibile al sec. XV, oggi conservato nella sede municipale grevigiana, nel quale si trova rappresentato un leone che con la branca destra tiene uno stocco poggiato sulla spalla e, caricato sull’omero, lo scudetto del Popolo Fiorentino, d’argento alla croce di rosso (1). Numerose e controverse sono invece le attestazioni esistenti sui blasonari di epoca granducale; nella redazione meglio attestata e più attendibile il leone, pur rimanendo figura centrale, si trova sostenuto da un monte araldico di sei cime, privo degli attributi guerreschi (2). Le figure che campeggiano su questi scudi danno indizi su una precedente araldica dei pivieri insistenti sul territorio, quali il leone, figura parlante e attributo agiografico della pieve di San Leolino a Panzano, e i monti, ancora elemento parlante per quello di Monteficalle. Diamo infine conto di una terza tipologia, nella quale il leone è rappresentato passante (tecnicamente illeopardito), armato di spada e scudo crociato, nella prima partizione di un troncato azzurro-oro (3), che in seguito verrà ripreso dallo stemma moderno del Comune di Greve in Chianti.
Alla Podesteria di Valdigreve era sottoposta la piccola Lega di Cintoia, estesa sul versante ovest dei monti del Chianti e priva di un centro demico rilevante. La sua insegna, documentata da un bell’esemplare sfragistico (sec. XVI?) oggi nelle collezioni del Bargello, è riferibile alla tipologia parlante e mostra tre cinture poste in banda, con la fibbia in alto (1).
Verso la Val di Pesa si sviluppava invece il territorio della Podesteria di San Casciano, affacciata sul Chianti soprattutto col cosiddetto Terzo di Campoli, che godeva di una certa autonomia, come il diritto di eleggere ufficiali propri, in forza anche della presenza di un’attiva piazza di mercato, che prese semplicemente il nome di Mercatale. Nelle più risalenti insegne della Podesteria i segni di questo terzo – una campana e un crescente, riscontrabili in una lapide nella loggia della locale pieve – sono ben evidenti a sormontare le due torri del castello in campo rosso. Quest’ultima figura rappresenta invece il capoluogo, che dopo le devastazioni subite attorno alla metà del XIV secolo venne provvisto di una forte cinta muraria (2).
Con le riforme volute dal granduca Pietro Leopoldo di Lorena, che nel 1774 sciolse le preesistenti forme di governo locale, il territorio di quella che fu la Lega del Chianti venne suddiviso nelle tre Comunità di Radda, Gaiole e Castellina, mentre le ex Podesterie di Valdigreve e San Casciano dettero vita ad altrettante Comunità, tutte quante comprese nel Compartimento fiorentino. Con l’Unità d’Italia il territorio chiantigiano perse la propria unità storicamente attestata; i Comuni di Radda, Gaiole e Castellina vennero assegnati alla Provincia di Siena, e quelli di Greve e San Casciano alla Provincia di Firenze. Nel 1865 tutti questi comuni vennero contraddistinti col determinativo topografico “in Chianti”, ad eccezione di San Casciano, che adottò l’appellativo “in Val di Pesa”.
Oggi il gallo nero dà nome e simbolo al consorzio vinicolo del Chianti Classico, creato nel 1932 in un territorio di oltre 72.000 ettari suddiviso tra le Province di Firenze e Siena che include i Comuni sopra citati e, in parte, quelli di Barberino Tavarnelle, Castelnuovo Berardenga, Poggibonsi e San Casciano in Val di Pesa. Dal 1984 i vini qui prodotti sono iscritti all’Albo della D.O.C.G.
Nota a cura di Michele Turchi
Bibliografia
– E. Repetti, Dizionario Geografico, Fisico, Storico della Toscana, Firenze 1833-46, vol. I.
– L. Passerini, Le armi dei Municipj Toscani, Firenze 1864.
– G. Brachetti Montorselli, I. Moretti, R. Stopani, Le strade del Chianti Gallo Nero, Firenze 1984.
– A. Falassi (a cura di), Il Chianti fra Firenze e Siena , Radda in Chianti 1986.
– L. Borgia, Introduzione allo studio dell’araldica civica italiana con particolare riferimento alla Toscana, in Gli stemmi dei Comuni Toscani al 1860, a cura di G.P. Pagnini, Firenze 1991.
– C. Baldini, Le tre Leghe del Chianti, San Casciano V.P. 1997.
– AA.VV, I mercatali del Chianti, Radda in Chianti 2000.
– V. Favini, L’organizzazione amministrativa e araldica di una “provincia” fiorentina: il Vicariato di Certaldo, in: V. Favini, A. Savorelli, Segni di Toscana, Firenze 2006.
– F. Fumi Cambi Gado-Emanuele Grazzini-Alice Ruscelli, Stemmi dei Podestà e Segni dei Notai della antica Lega del Chianti, Firenze 2018.
– B. Gelli, Il gallo, la torre e la branca. Indagine storica e iconografica dei due stemmi di Castellina in Chianti, Siena 2019.
LEGENDA