Dalmazia
Lo stemma “d’azzurro alle tre teste di leopardo incoronate d’oro” è lo stemma storico della regione della Dalmazia (Dalmatia, in latino: “territorio dei Dalmati”) e compare nello stemmario di Gelre, redatto tra il 1370 e il 1414 (secondo altre fonti tra il 1369 e il 1396) e mostra lo stemma della Dalmazia come parte dello stemma del re Luigi I d’Ungheria (1342-1382). Fino al 1526, il motivo dello stemma è interpretato sia come segno per ” Dalmazia ” che per “Croazia”. Si può trovare negli emblemi nazionali e negli stemmi e nei sigilli di diverse case reali. Storicamente il campo ha variato da rosso a nero o ad azzurro. La versione più nota è quella con campo azzurro, risalente almeno alla fine del XIV secolo, e si trova sul Gran Sigillo del re Sigismondo di Lussemburgo (1395-1437).
Fu la Repubblica di Venezia ad usare una variante con campo rosso. Tra il 1815 e il 1918 la variante coronata di questo stemma con lo scudo azzurro fu utilizzata dal Regno asburgico di Dalmazia. E dal 1868 al 1918 come parte dello stemma del Regno di Croazia-Slavonia.
Da un punto di vista strettamente araldico, le teste non sono leoni ma leopardi: il leopardo araldico è distinto dal vero leopardo (Panthera pardus), non ha macchie e spesso ha una criniera. Pertanto, il leopardo è generalmente simile, in araldica, ed è spesso indicato come il leone (Panthera leo). La ragione di ciò sta nel fatto che in epoca medievale il leopardo naturale era considerato un incrocio tra un leone e un pardo.
Geograficamente è una sottile striscia di terra corrispondente al versante marittimo delle montagne balcaniche che costeggiano il mare che solo nella sua parte centrale si allarga verso l’entroterra (Zagora), fino alle Alpi Dinariche. Il suo nome deriva dall’antico popolo dei Dalmati (in latino Dalmatae o Delmatae: a sua volta questo nome deriva dalla parola illirica delmë, che significa “pecora”) una zona occupata da tribù di pastori, dediti anche alla pesca e alla pirateria, i Dalmati (Dalmatae) o Delmati, e venne utilizzato ufficialmente per denominare la regione quando la Dalmazia fu staccata dall’Illirico e costituita come provincia romana nel 10 d.C.
L’attuale Repubblica di Croazia possiede la maggior parte del territorio dalmata, compreso nelle quattro contee, i cui capoluoghi sono Zadar (Zara), Šibenik (Sebenico), Split (Spalato) e Dubrovnik (Ragusa). Ricadono nella regione geografica dalmata anche parti delle odierne contee croate di Senj (Segna) e di Rijeka (Fiume) ovvero le rispettive isole e lo stretto tratto di costa che corre ai piedi delle Alpi Dinariche, a partire dalla linea Fiume-Passo di Urata o Porta Liburnica.
Il Montenegro possiede la regione dalmata delle Boka Kotorska (Bocche di Cattaro), comprendente le città di Herceg Novi (Castelnuovo di Cattaro), Tivat (Teodo), Kotor (Cattaro), Budva (Budua), e a sud-est delle Bocche di Cattaro il litorale adriatico di Bar (Antivari), Ulcinj (Dulcigno) e parte della municipalità di Cetinje (Cettigne), senza però che a questo territorio corrisponda anche una regione amministrativa.
La Bosnia-Erzegovina possiede un breve tratto di costa lungo circa 23 km attorno alla cittadina di Neum, sul canale della Neretvanski kanal (Narenta), che costituisce anche il suo unico sbocco al mare.
Fanno parte della Dalmazia tutte le isole dell’Adriatico orientale. Le principali isole dalmate sono: Pag (Pago), Dugi Otok (Isola Lunga), Ugljan (Ugliano), Pašman/Tkon (Pasman/Tuconio), le Isole Kornati (Incoronate), Brač (Brazza), Hvar (Lesina), Korčula (Curzola), Vis (Lissa), Lastovo (Lagosta) e Mljet (Meleda).
Il centro urbano principale dei dalmati era Delminium, oggi probabilmente in Erzegovina (poi Duvno, attuale Tomislavgrad), si sostiene che proprio perché originari di questa città già dal 170 a.C. quelle popolazioni presero il nome con cui divennero noti (delminium è un termine di origine albanese che significa pascolo).
L’area della Dalmazia era tradizionalmente compresa in un vasto territorio definito Illiria che venne sottomesso da Roma nel II secolo a.C.
Il dominio romano nell’area fu molto instabile, pochi i municipia, Iadera, Salonae, Narona ed Epidaurum nel Regnum Illyricum, e le popolazioni locali erano sempre pronte a ribellarsi, tanto che la conquista effettiva avvenne solo nel 118 a.C. ad opera di Lucio Cecilio Metello, che respinse un’invasione dei Celti nell’area, e quindi nel 33 a.C. con la nascita della provincia romana di Dalmatia.
La Dalmazia bizantina fu ridotta a cinque città costiere (Zara, Traù, Spalato, Ragusa e Cattaro) e le isole, mentre il priore di Zara fungeva spesso da stratega nominale del «Thema Dalmatia».
Venezia spese più di quattro secoli per poter dominare incontrastata su buona parte della Dalmazia. Nel 1000 il doge Pietro II Orseolo, investito dall’imperatore Basilio II del titolo di protospataro imperiale prese tutta la Dalmazia bizantina (resistette solo Lagosta), e nel maggio del 1000 fu nominato dux Veneticorum et Dalmaticorum. La Repubblica di Venezia controllerà la Dalmazia sino alla sua caduta nel 1797.
Nel 1797 lo stato di Venezia che aveva dominato per quasi quattro secoli la costa adriatica orientale fu abbattuto da Napoleone. Con la caduta della Repubblica di Venezia anche la Dalmazia rientrò nei piani annessionistici napoleonici: dopo un breve periodo in cui le città veneziane dalmate furono cedute all’Austria con il trattato di Campoformio (Campoformido), esse finirono nuovamente sotto il controllo di Napoleone che decise l’annessione al Regno d’Italia, includendovi anche la Repubblica di Ragusa nel 1808. Durante questo regno napoleonico la Dalmazia intera fu unita politicamente all’Italia ed ebbe come lingua ufficiale l’italiano anche nelle scuole.
Successivamente, nel 1809, Napoleone vi istituì il governo delle Province illiriche, con l’Istria, la Carniola, una parte dei Confini militari asburgici (Militärgrenze o Craina), le contee di Gradisca e Gorizia, Trieste e parte della Carinzia, di cui fu capitale Lubiana.
Con la Restaurazione nel 1815 la futura Venezia Giulia (Gorizia, Trieste, Pola, Fiume), con le terre a ovest delle Alpi Giulie, riottennero, pur nell’ambito dell’Impero asburgico, la separazione dall’Illiria e il governo illirico fu affidato all’Impero asburgico, che per un breve periodo costituì un Regno di Illiria, e poi definitivamente il Regno di Dalmazia con capitale Zara. Nel 1816, all’indomani della Restaurazione, la comunità italiana rappresentava la quinta parte della popolazione totale della regione. Nella prima metà dell’Ottocento, cominciò a diffondersi in Croazia il movimento denominato “illirico”, sostenuto dalla maggioranza croata e guidato da un rappresentante di tale gruppo etnico, Ljudevit Gaj. Questo movimento aveva come scopo la creazione di un’unica cultura e coscienza politica degli Slavi del sud. L’etnia maggioritaria della Dalmazia era in quel periodo quella slava (soprattutto croata), ma non era ben chiaro a quanto ammontasse esattamente la popolazione di cultura italiana (valutata intorno al 1845 intorno al 20% del totale), poiché solo dal 1880 il censimento austro-ungarico iniziò a riportare anche la suddivisione secondo la lingua parlata o “lingua d’uso” (Umgangssprache).
La politica di collaborazione con i serbi locali, inaugurata dallo zaratino Ghiglianovich e dal raguseo Giovanni Avoscani, permise poi agli italiani la conquista dell’amministrazione comunale di Ragusa nel 1899. Nel 1909 la lingua italiana venne vietata però in tutti gli edifici pubblici e gli italiani furono estromessi dalle amministrazioni comunali.
Dopo la prima guerra mondiale, in base al Patto di Londra, l’Italia avrebbe dovuto ottenere la Dalmazia settentrionale, incluse le città di Zara, Sebenico e Tenin. All’annessione si oppose il neonato Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, appoggiato da Thomas Woodrow Wilson, e la Dalmazia venne alla fine ceduta allo Stato sud-slavo, con l’eccezione di Zara (a maggioranza italiana la città, a maggioranza croata il comune, secondo il censimento del 1910), delle isole di Lagosta e Cazza e di quelle carnerine (Cherso, Lussino, Unie, Sansego e Asinello) che vennero assegnate all’Italia. Nel nuovo ordinamento regionale del regno iugoslavo, la Dalmazia faceva parte della Banovina del Litorale con parte dell’Erzegovina.
Nel 1941, durante la seconda guerra mondiale, la Iugoslavia fu invasa dall’Asse e smembrata. La Dalmazia fu spartita fra Italia, che vi istituì il governatorato della Dalmazia (Dalmazia centrosettentrionale – comprendente Zaravecchia, Sebenico, Traù e Spalato – e le Bocche di Cattaro) e Stato Indipendente di Croazia, che annetté Ragusa e Morlacchia, sebbene in quelle regioni fossero stanziate truppe italiane. Subito il Governatorato divenne rifugio per le popolazioni dell’entroterra che fuggivano dalle persecuzioni e dalle atrocità commesse dagli ustascia. Comunque, nonostante una ridotta turbolenza causata dall’inizio della guerriglia di resistenza contro l’Asse, la Dalmazia italiana fino all’estate 1943 rimase relativamente tranquilla (almeno rispetto all’entroterra dominato dalla Croazia di Ante Pavelić).
Con la resa italiana (8 settembre 1943) lo Stato ustascia croato attaccò il Governatorato di Dalmazia annettendolo fino ai confini del 1941, mentre le Bocche di Cattaro passavano sotto diretta amministrazione militare tedesca, assieme alla città di Zara, che in tal modo riuscì temporaneamente ad evitare l’annessione alla Croazia. Tuttavia la città venne fatta segno di numerosi bombardamenti da parte alleata che la distrussero quasi completamente. Nel dicembre del 1944 l’intera Dalmazia era oramai sotto controllo dei partigiani di Tito, compreso ciò che restava della città di Zara.
Alla fine del conflitto tutta la costa adriatica orientale, compresa Zara e le isole precedentemente italiane, finì per far parte della Jugoslavia federale diventata comunista, che amministrò l’area fino alla sua dissoluzione come stato (1991). Nella Jugoslavia federale la Dalmazia fu parte della repubblica di Croazia, ma le Bocche di Cattaro e Budua furono annesse alla repubblica del Montenegro (Cattaro), mentre alla repubblica di Bosnia ed Erzegovina restò lo sbocco al mare a Neum. I confini rimasero immutati anche dopo la dissoluzione della Jugoslavia.
Note di Massimo Ghirardi
Liberamente tratto da Wikipedia
Stemma Ridisegnato
Disegnato da: Massimo Ghirardi
Stemma Ufficiale
Logo
Bozzetto originale acs/Pdc
Altre immagini
Profilo araldico
“D’azzurro alle tre teste di leopardo incoronate d’oro”
“Drappo troncato di azzurro e di giallo…”
Disegnato da: Massimo Ghirardi
LEGENDA
Lo stemma “d’azzurro alle tre teste di leopardo incoronate d’oro” è lo stemma storico della regione della Dalmazia (Dalmatia, in latino: “territorio dei Dalmati”) e compare nello stemmario di Gelre, redatto tra il 1370 e il 1414 (secondo altre fonti tra il 1369 e il 1396) e mostra lo stemma della Dalmazia come parte dello stemma del re Luigi I d’Ungheria (1342-1382). Fino al 1526, il motivo dello stemma è interpretato sia come segno per ” Dalmazia ” che per “Croazia”. Si può trovare negli emblemi nazionali e negli stemmi e nei sigilli di diverse case reali. Storicamente il campo ha variato da rosso a nero o ad azzurro. La versione più nota è quella con campo azzurro, risalente almeno alla fine del XIV secolo, e si trova sul Gran Sigillo del re Sigismondo di Lussemburgo (1395-1437).
Fu la Repubblica di Venezia ad usare una variante con campo rosso. Tra il 1815 e il 1918 la variante coronata di questo stemma con lo scudo azzurro fu utilizzata dal Regno asburgico di Dalmazia. E dal 1868 al 1918 come parte dello stemma del Regno di Croazia-Slavonia.
Da un punto di vista strettamente araldico, le teste non sono leoni ma leopardi: il leopardo araldico è distinto dal vero leopardo (Panthera pardus), non ha macchie e spesso ha una criniera. Pertanto, il leopardo è generalmente simile, in araldica, ed è spesso indicato come il leone (Panthera leo). La ragione di ciò sta nel fatto che in epoca medievale il leopardo naturale era considerato un incrocio tra un leone e un pardo.
Geograficamente è una sottile striscia di terra corrispondente al versante marittimo delle montagne balcaniche che costeggiano il mare che solo nella sua parte centrale si allarga verso l’entroterra (Zagora), fino alle Alpi Dinariche. Il suo nome deriva dall’antico popolo dei Dalmati (in latino Dalmatae o Delmatae: a sua volta questo nome deriva dalla parola illirica delmë, che significa “pecora”) una zona occupata da tribù di pastori, dediti anche alla pesca e alla pirateria, i Dalmati (Dalmatae) o Delmati, e venne utilizzato ufficialmente per denominare la regione quando la Dalmazia fu staccata dall’Illirico e costituita come provincia romana nel 10 d.C.
L’attuale Repubblica di Croazia possiede la maggior parte del territorio dalmata, compreso nelle quattro contee, i cui capoluoghi sono Zadar (Zara), Šibenik (Sebenico), Split (Spalato) e Dubrovnik (Ragusa). Ricadono nella regione geografica dalmata anche parti delle odierne contee croate di Senj (Segna) e di Rijeka (Fiume) ovvero le rispettive isole e lo stretto tratto di costa che corre ai piedi delle Alpi Dinariche, a partire dalla linea Fiume-Passo di Urata o Porta Liburnica.
Il Montenegro possiede la regione dalmata delle Boka Kotorska (Bocche di Cattaro), comprendente le città di Herceg Novi (Castelnuovo di Cattaro), Tivat (Teodo), Kotor (Cattaro), Budva (Budua), e a sud-est delle Bocche di Cattaro il litorale adriatico di Bar (Antivari), Ulcinj (Dulcigno) e parte della municipalità di Cetinje (Cettigne), senza però che a questo territorio corrisponda anche una regione amministrativa.
La Bosnia-Erzegovina possiede un breve tratto di costa lungo circa 23 km attorno alla cittadina di Neum, sul canale della Neretvanski kanal (Narenta), che costituisce anche il suo unico sbocco al mare.
Fanno parte della Dalmazia tutte le isole dell’Adriatico orientale. Le principali isole dalmate sono: Pag (Pago), Dugi Otok (Isola Lunga), Ugljan (Ugliano), Pašman/Tkon (Pasman/Tuconio), le Isole Kornati (Incoronate), Brač (Brazza), Hvar (Lesina), Korčula (Curzola), Vis (Lissa), Lastovo (Lagosta) e Mljet (Meleda).
Il centro urbano principale dei dalmati era Delminium, oggi probabilmente in Erzegovina (poi Duvno, attuale Tomislavgrad), si sostiene che proprio perché originari di questa città già dal 170 a.C. quelle popolazioni presero il nome con cui divennero noti (delminium è un termine di origine albanese che significa pascolo).
L’area della Dalmazia era tradizionalmente compresa in un vasto territorio definito Illiria che venne sottomesso da Roma nel II secolo a.C.
Il dominio romano nell’area fu molto instabile, pochi i municipia, Iadera, Salonae, Narona ed Epidaurum nel Regnum Illyricum, e le popolazioni locali erano sempre pronte a ribellarsi, tanto che la conquista effettiva avvenne solo nel 118 a.C. ad opera di Lucio Cecilio Metello, che respinse un’invasione dei Celti nell’area, e quindi nel 33 a.C. con la nascita della provincia romana di Dalmatia.
La Dalmazia bizantina fu ridotta a cinque città costiere (Zara, Traù, Spalato, Ragusa e Cattaro) e le isole, mentre il priore di Zara fungeva spesso da stratega nominale del «Thema Dalmatia».
Venezia spese più di quattro secoli per poter dominare incontrastata su buona parte della Dalmazia. Nel 1000 il doge Pietro II Orseolo, investito dall’imperatore Basilio II del titolo di protospataro imperiale prese tutta la Dalmazia bizantina (resistette solo Lagosta), e nel maggio del 1000 fu nominato dux Veneticorum et Dalmaticorum. La Repubblica di Venezia controllerà la Dalmazia sino alla sua caduta nel 1797.
Nel 1797 lo stato di Venezia che aveva dominato per quasi quattro secoli la costa adriatica orientale fu abbattuto da Napoleone. Con la caduta della Repubblica di Venezia anche la Dalmazia rientrò nei piani annessionistici napoleonici: dopo un breve periodo in cui le città veneziane dalmate furono cedute all’Austria con il trattato di Campoformio (Campoformido), esse finirono nuovamente sotto il controllo di Napoleone che decise l’annessione al Regno d’Italia, includendovi anche la Repubblica di Ragusa nel 1808. Durante questo regno napoleonico la Dalmazia intera fu unita politicamente all’Italia ed ebbe come lingua ufficiale l’italiano anche nelle scuole.
Successivamente, nel 1809, Napoleone vi istituì il governo delle Province illiriche, con l’Istria, la Carniola, una parte dei Confini militari asburgici (Militärgrenze o Craina), le contee di Gradisca e Gorizia, Trieste e parte della Carinzia, di cui fu capitale Lubiana.
Con la Restaurazione nel 1815 la futura Venezia Giulia (Gorizia, Trieste, Pola, Fiume), con le terre a ovest delle Alpi Giulie, riottennero, pur nell’ambito dell’Impero asburgico, la separazione dall’Illiria e il governo illirico fu affidato all’Impero asburgico, che per un breve periodo costituì un Regno di Illiria, e poi definitivamente il Regno di Dalmazia con capitale Zara. Nel 1816, all’indomani della Restaurazione, la comunità italiana rappresentava la quinta parte della popolazione totale della regione. Nella prima metà dell’Ottocento, cominciò a diffondersi in Croazia il movimento denominato “illirico”, sostenuto dalla maggioranza croata e guidato da un rappresentante di tale gruppo etnico, Ljudevit Gaj. Questo movimento aveva come scopo la creazione di un’unica cultura e coscienza politica degli Slavi del sud. L’etnia maggioritaria della Dalmazia era in quel periodo quella slava (soprattutto croata), ma non era ben chiaro a quanto ammontasse esattamente la popolazione di cultura italiana (valutata intorno al 1845 intorno al 20% del totale), poiché solo dal 1880 il censimento austro-ungarico iniziò a riportare anche la suddivisione secondo la lingua parlata o “lingua d’uso” (Umgangssprache).
La politica di collaborazione con i serbi locali, inaugurata dallo zaratino Ghiglianovich e dal raguseo Giovanni Avoscani, permise poi agli italiani la conquista dell’amministrazione comunale di Ragusa nel 1899. Nel 1909 la lingua italiana venne vietata però in tutti gli edifici pubblici e gli italiani furono estromessi dalle amministrazioni comunali.
Dopo la prima guerra mondiale, in base al Patto di Londra, l’Italia avrebbe dovuto ottenere la Dalmazia settentrionale, incluse le città di Zara, Sebenico e Tenin. All’annessione si oppose il neonato Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, appoggiato da Thomas Woodrow Wilson, e la Dalmazia venne alla fine ceduta allo Stato sud-slavo, con l’eccezione di Zara (a maggioranza italiana la città, a maggioranza croata il comune, secondo il censimento del 1910), delle isole di Lagosta e Cazza e di quelle carnerine (Cherso, Lussino, Unie, Sansego e Asinello) che vennero assegnate all’Italia. Nel nuovo ordinamento regionale del regno iugoslavo, la Dalmazia faceva parte della Banovina del Litorale con parte dell’Erzegovina.
Nel 1941, durante la seconda guerra mondiale, la Iugoslavia fu invasa dall’Asse e smembrata. La Dalmazia fu spartita fra Italia, che vi istituì il governatorato della Dalmazia (Dalmazia centrosettentrionale – comprendente Zaravecchia, Sebenico, Traù e Spalato – e le Bocche di Cattaro) e Stato Indipendente di Croazia, che annetté Ragusa e Morlacchia, sebbene in quelle regioni fossero stanziate truppe italiane. Subito il Governatorato divenne rifugio per le popolazioni dell’entroterra che fuggivano dalle persecuzioni e dalle atrocità commesse dagli ustascia. Comunque, nonostante una ridotta turbolenza causata dall’inizio della guerriglia di resistenza contro l’Asse, la Dalmazia italiana fino all’estate 1943 rimase relativamente tranquilla (almeno rispetto all’entroterra dominato dalla Croazia di Ante Pavelić).
Con la resa italiana (8 settembre 1943) lo Stato ustascia croato attaccò il Governatorato di Dalmazia annettendolo fino ai confini del 1941, mentre le Bocche di Cattaro passavano sotto diretta amministrazione militare tedesca, assieme alla città di Zara, che in tal modo riuscì temporaneamente ad evitare l’annessione alla Croazia. Tuttavia la città venne fatta segno di numerosi bombardamenti da parte alleata che la distrussero quasi completamente. Nel dicembre del 1944 l’intera Dalmazia era oramai sotto controllo dei partigiani di Tito, compreso ciò che restava della città di Zara.
Alla fine del conflitto tutta la costa adriatica orientale, compresa Zara e le isole precedentemente italiane, finì per far parte della Jugoslavia federale diventata comunista, che amministrò l’area fino alla sua dissoluzione come stato (1991). Nella Jugoslavia federale la Dalmazia fu parte della repubblica di Croazia, ma le Bocche di Cattaro e Budua furono annesse alla repubblica del Montenegro (Cattaro), mentre alla repubblica di Bosnia ed Erzegovina restò lo sbocco al mare a Neum. I confini rimasero immutati anche dopo la dissoluzione della Jugoslavia.
Note di Massimo Ghirardi
Liberamente tratto da Wikipedia
Stemma Ridisegnato
Disegnato da: Massimo Ghirardi
Stemma Ufficiale
Logo
Bozzetto originale acs/Pdc
Altre immagini
Profilo araldico
“D’azzurro alle tre teste di leopardo incoronate d’oro”
“Drappo troncato di azzurro e di giallo…”
Disegnato da: Massimo Ghirardi
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