Istria
Lo stemma (grb) dell’Istria mostra lo storico simbolo del Margraviato d’Istria (Markgrafschaft Istrien) dal XVI-XVII secolo: un caprone, tutt’ora simbolo della Regione Istriana (Istarska Županija) dal 3 ottobre 1994 (deliberazione dell’assemblea regionale).
La definizione di “capra” venne stabilito dallo storico triestino Pietro Kandler che si basava sul ritrovamento di alcune statuette votive in territorio di Pirano, legate al culti di Zeus diffusi in tutto il Mediterraneo, dove era noto il mito della capra Amaltea che nutrì il dio fanciullo con il proprio latte. Zeus in un impeto le ruppe però un corno e, per farsi perdonare, fece in modo che diventasse dispensatore di beni e ricchezze (cornucopia). Secondo Nelida Milani la capra è anche simbolo di libertà.
Di fatto però l’animale ha lunghe corna più simili ad uno stambecco (kozorog in sloveno, divojarac in croato) e tra del XIX e l’inizio del XX secolo la natura dell’animale divenne oggetto di discordia tra il partito liberal/nazionale italiano, da una parte, ed i partiti cattolici croati e sloveni dall’altra.
Lo stambecco dorato (zlatorog) è un animale classico della mitologia slovena, nominato in una nota leggenda. È sicuramente un simbolo antichissimo di frugalità e caparbietà di carattere, nonché della regione montuosa.
Il colore oro del vello e rosso delle corna e zoccoli richiamano il colore naturale dei due principali terreni che compongono la penisola: la Terra d’Istria gialla, tipica della zona centrale e costiera, composta di rocce sedimentarie quali argilla, marna, arenaria e calcaree, e la Terra d’Istria rossa, caratteristica dell’altopiano meridionale e occidentale, che presenta uno strato di terra ferrosa poggiato su rocce calcaree.
Di fatto venne sancito con l’istituzione del Margraviato dell’Istria (1861): “d’azzurro alla capra [alias: stambecco] ferma d’oro, cornuta e zoccolata di rosso”, corrispondente al blasone croato: “u plavome okrenuta zlatna/žuta koza s crvenim papcima i rogovima“.
Fino al 1918 la bandiera nazionale dell’Istria era un vessillo interzato in fascia giallo, rosso e blu; attualmente la regione istriana mostra un vessillo troncato azzurro e verde, caricato dello stemma storico (stilizzato).
L’Istria (Istra, in croato e sloveno; Istrien, tedesco) deriverebbe il proprio coronimo dall’antico popolo degli Istri, di origine illirica, nominati da Strabone come abitanti la regione Hister (Danubio, in riferimento alla posizione sub danubiana).
Geograficamente è una penisola che si estende nel mare Adriatico, delimitata dal Golfo di Trieste, le Alpi Giulie e Dinariche e il Golfo del Quarnaro.
Il territorio, appartenente nella sua interezza alla regione geografica italiana, è amministrato dalla Croazia per la maggior parte della sua estensione; una piccola parte dell’Istria, comprendente le città costiere di Ankaran (Ancarano), Izola (Isola), Portorose, Piran (Pirano, con la frazione di Portorož/Portorose) e Koper (Capodistria), appartiene amministrativamente alla Slovenia, ed un’ulteriore minima parte, limitata all’incirca al territorio dei comuni di Muggia e di San Dorligo della Valle, si trova in territorio italiano.
Gli Istri diedero vita a una sorta di federazione insieme ai Liburni, ai Giapidi, ai Carni e ad altri gruppi etnici di minore importanza, nota anche come cultura dei castellieri, la cui capitale era la città di Nezakcij/Nesazio (presso Ližnjan/Lisignano).
Secondo i romani, gli Istri erano tribù bellicose e dedite alla pirateria, che trovavano difesa e riparo nelle coste rocciose. Vennero dominati solo nel 177 a.C. Augusto, la cui organizzazione dell’Italia in regiones inglobò parte dell’Istria nella Regio X Venetia et Histria, creò numerose colonie di legionari nella penisola, allo scopo di proteggere i confini orientali dell’Italia romana dai barbari.
Alla caduta dell’Impero romano la regione fu esposta ai saccheggi dei Goti, per contrastare i quali Costantinopoli militarizzò la regione nel 538. Dopo l’occupazione longobarda, l’Istria fu annessa al Regno Franco da Pipino (789) e venne eretta in Marca assegnata ad Arnolfo di Carinzia (887-899). Risalgono a questo periodo le prime testimonianze sulla presenza di popolazioni slave nella regione istriana, già cristianizzate a partire dal VIII secolo.
Nel 933 con la pace di Rialto, Venezia ottenne un primo riconoscimento del diritto di navigare e commerciare lungo le coste istriane. In questo periodo gruppi di italici e di slavi si trasferirono in Istria. I primi si stabilirono lungo la costa e in alcune zone interne dell’Istria occidentale, mentre i secondi nell’entroterra e su alcuni tratti del litorale adriatico orientale. Successivamente l’Istria fu controllata dai duchi di Merania, dal duca di Baviera (dal 952), dai duchi di Carinzia (dal 976) e dal patriarca di Aquileia (dal 1077).
La dedizione “spontanea” alla Repubblica di Venezia della maggior parte dell’Istria occidentale e meridionale iniziò nel XII secolo e si concluse attorno alla metà del XIV secolo. L’entroterra istriano centro-settentrionale fu feudo del Patriarca di Aquileia e del Conte di Gorizia (il quale era contemporaneamente vassallo del Patriarcato di Aquileia e dell’imperatore del Sacro Romano Impero) fino al 1445.
Successivamente anche i territori del Patriarca di Aquileia (parte settentrionale dell’Istria interna) entrarono a far parte dello Stato della Serenissima. La massima estensione della sovranità veneziana sulla penisola istriana fu raggiunta in seguito all’esito del lodo arbitrale di Trento del 1535, quando Venezia ottenne anche una parte del territorio della villa di Zamask/Zamasco nei pressi di Motovun/Montona. Da quel momento, Venezia conservò la sovranità su buona parte dell’Istria fino alla dissoluzione del suo Stato per opera di Napoleone nel 1797.
Nel 1354 il conte Alberto IV di Gorizia e d’Istria (la sola zona settentrionale, soggetta ai conti di Gorizia), oberato dai debiti e senza figli, stipulò un accordo con gli Asburgo, cedendo loro tutti i diritti sui suoi possedimenti alla sua morte (che avvenne nel 1374) in cambio del pagamento di tutte le sue pendenze.
A partire dal 1374, gli Asburgo dominarono quindi anche una parte dell’Istria nord-orientale intorno a Podgrad/Castelnuovo e parte dell’Istria centro-orientale (Contea di Pazin/Pisino). Tale dominio rimarrà ininterrotto fino al 1918 con l’eccezione del periodo delle guerre veneto-arciducali e della parentesi napoleonica.
A seguito del trattato di Campoformio (17 ottobre 1797) l’Istria assieme a tutto il territorio della ex Repubblica di Venezia fu ceduta agli Asburgo d’Austria.
Dal 1805 al 1808 fece parte del Regno d’Italia napoleonico e, in seguito, fu inserita nelle Province Illiriche, direttamente annesse all’Impero francese.
Nel 1814 l’Istria tornò sotto gli Asburgo. Nel 1825 venne costituita la provincia istriana unendo il territorio già veneziano al territorio già austriaco, con l’aggiunta delle isole quarnerine di Cres/Cherso, Losinj/Lussino e Krk/Veglia. Nell’ambito delle varie riforme costituzionali dell’Impero, nel 1861 venne creata la Dieta istriana, con sede a Poreč/Parenzo.
Come conseguenza della terza guerra d’indipendenza italiana, che portò all’annessione del Veneto al Regno d’Italia, l’amministrazione imperiale austriaca, per tutta la seconda metà del XIX secolo, aumentò le ingerenze sulla gestione politica del territorio per attenuare l’influenza del gruppo etnico italiano temendone le correnti irredentiste. Durante la riunione del consiglio dei ministri del 12 novembre 1866 l’imperatore Francesco Giuseppe I d’Austria tracciò un progetto di ampio respiro mirante alla germanizzazione o slavizzazione delle aree dell’impero con presenza italiana.
Nel 1910 il margraviato d’Istria/ Markgrafschaft Istrien era suddiviso in sette distretti amministrativi (Politischer Bezirk). La città di Rovinj/Rovigno era regolata da uno statuto autonomo.
A seguito della vittoria italiana nella prima guerra mondiale con il trattato di Saint-Germain-en-Laye (1919) e il trattato di Rapallo (1920), l’Istria divenne parte del Regno d’Italia.
Con l’introduzione della Legge n. 2185 del 1/10/1923 (Riforma scolastica Gentile), fu abolito e vietato nelle scuole l’insegnamento delle lingue croata e slovena. Nell’arco di cinque anni tutti gli insegnanti croati delle oltre 130 scuole con lingua d’insegnamento croata e tutti gli insegnanti sloveni delle oltre 70 scuole con lingua d’insegnamento slovena, presenti in Istria, furono sostituiti con insegnanti originari dell’Italia, che imposero agli alunni l’uso esclusivo della lingua italiana; con il R. Decreto N. 800 del 29 marzo 1923 furono imposti d’ufficio toponomi italiani a tutte le località dei territori assegnati all’Italia con il Trattato di Rapallo, anche laddove precedentemente prive di denominazione in lingua italiana, in quanto abitate quasi esclusivamente da croati o sloveni (anche se questo decreto colpì soltanto un piccolo numero di frazioni). Inoltre, in base al Regio Decreto Legge N. 494 del 7 aprile 1926, le autorità fasciste italianizzarono i cognomi di diversi croati e sloveni.
Tali soprusi vennero denunciati da molti italiani antifascisti e dallo stesso prefetto Giuseppe Cocuzza che, in un pro memoria del 2 settembre 1943, metteva in evidenza un diffuso senso di paura di vendetta che avrebbe potuto spingere successivamente le popolazioni slave a infierire contro gli italiani dell’Istria.
A seguito degli avvenimenti dell’8 settembre del 1943 la comunità italiana restò in balia di tedeschi e della resistenza croata. Quest’ultima era più efficiente e preparata militarmente del movimento di liberazione sloveno che invece operava nella parte settentrionale della penisola. Buona parte della regione cadde, per un breve periodo, sotto il controllo dei partigiani slavi aderenti al movimento partigiano di Josip Broz “Tito”. Il 13 settembre 1943 a Pisino il Governo Provvisorio Insurrezionale Croato (Comitato circondariale di liberazione popolare per l’Istria, cro. Narodno oslobodilački odbor za Istru) proclamò l’annessione dell’Istria alla Croazia; poco dopo, il 16 settembre, il Consiglio Supremo del Fronte di Liberazione del Popolo Sloveno proclamò l’annessione alla futura entità statuale slovena del Litorale Sloveno (Slovensko Primorje), che comprendeva il litorale settentrionale dell’Istria. In questo breve periodo che precedette l’occupazione tedesca si verificarono i primi episodi di violenza anti-italiana, che provocarono un numero non del tutto precisato di vittime.
In seguito all’Armistizio di Cassibile, dal due ottobre del 1943 fino alla sconfitta della Germania nazista, l’Istria fu occupata da ingenti forze militari tedesche, che la incorporarono ufficialmente alla cosiddetta Zona di Operazioni del Litorale Adriatico o OZAK (acronimo di Operations Zone Adriatisches Küstenland) sottraendola totalmente al controllo della neonata Repubblica Sociale Italiana, e annettendola di fatto alla Germania del Terzo Reich (anche se non fu formalmente proclamata la sua annessione).
L’occupazione tedesca iniziata ai primi di ottobre si concluse il 9 ottobre con la conquista di Rovigno. Il rastrellamento antipartigiano dell’Istria andò avanti tutto il mese di ottobre, colpendo con brutalità i seguaci del Maresciallo Tito.
Il comandante militare della regione Ludwig Kübler avviò una lotta crudele e senza quartiere al movimento partigiano comandato da Tito, attraverso l’utilizzo di forze armate collaborazioniste italiane (oltre a forze slovene, croate, serbe, russe, ecc.).
Tra la fine di aprile e i primi di maggio del 1945 l’Istria, grazie allo sforzo congiunto della resistenza locale (sia slava che italiana), fu liberata dall’occupazione tedesca dall’armata jugoslava di Tito.
La successiva politica di persecuzioni, vessazioni ed espropri messa in atto da Tito ai danni della popolazione italiana, culminata nel dramma dei massacri delle foibe, nelle quali si stima persero la vita dai 3000 ai 5000 civili, spinse la massima parte della popolazione locale di etnia italiana ad abbandonare l’Istria, dando vita all’esodo giuliano dalmata (si stima che le persone coinvolte nell’esodo furono tra i 250.000 e le 350.000.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale con il trattato di Parigi (1947), l’Istria fu assegnata alla Jugoslavia che l’aveva occupata, con l’eccezione della cittadina di Muggia e del comune di San Dorligo della Valle inserite nella Zona A del Territorio Libero di Trieste.
La Zona B del Territorio Libero di Trieste rimase temporaneamente sotto amministrazione jugoslava, ma dopo la dissoluzione del Territorio Libero di Trieste nel 1954 (memorandum di Londra), fu di fatto incorporata alla Jugoslavia; l’assegnazione della Zona B alla Jugoslavia fu ufficializzata con il trattato di Osimo (1975).
Dopo la disgregazione della Jugoslavia gli stati sovrani di Croazia e Slovenia hanno mantenuto nell’area istriana i confini delle rispettive repubbliche federali. Tra Croazia e Slovenia si è aperta una disputa confinaria riguardo alla linea di demarcazione in corrispondenza del Vallone di Pirano, con ripercussioni sul confine marittimo tra i due stati.
L’Istria resta legata per motivi storici, geografici e culturali al Friuli-Venezia Giulia e al Veneto. Le due regioni italiane prevedono dei capitoli di spesa nei propri bilanci a sostegno della minoranza italiana e per il mantenimento delle memorie storiche istro-venete.
Nota di Massimo Ghirardi
Bibliografia:
- PERICIN, La capra in Istria tra miti, tradizioni e ordinanze, Atti del convegno, vol. XLIII, 2013, p. 631-659.
- SCHIAVATO in “La capra, simbolo dell’Istria e del destino di queste terre”, La Voce del Popolo, 2 giugno 2007.
- MILANI, Racconti di Guerra – “Capre”, EDIT, Fiume 2008
“Drappo troncato di azzurro e di verde caricato in centro dello stemma istriano…”
Disegnato da: Massimo Ghirardi
LEGENDA
Lo stemma (grb) dell’Istria mostra lo storico simbolo del Margraviato d’Istria (Markgrafschaft Istrien) dal XVI-XVII secolo: un caprone, tutt’ora simbolo della Regione Istriana (Istarska Županija) dal 3 ottobre 1994 (deliberazione dell’assemblea regionale).
La definizione di “capra” venne stabilito dallo storico triestino Pietro Kandler che si basava sul ritrovamento di alcune statuette votive in territorio di Pirano, legate al culti di Zeus diffusi in tutto il Mediterraneo, dove era noto il mito della capra Amaltea che nutrì il dio fanciullo con il proprio latte. Zeus in un impeto le ruppe però un corno e, per farsi perdonare, fece in modo che diventasse dispensatore di beni e ricchezze (cornucopia). Secondo Nelida Milani la capra è anche simbolo di libertà.
Di fatto però l’animale ha lunghe corna più simili ad uno stambecco (kozorog in sloveno, divojarac in croato) e tra del XIX e l’inizio del XX secolo la natura dell’animale divenne oggetto di discordia tra il partito liberal/nazionale italiano, da una parte, ed i partiti cattolici croati e sloveni dall’altra.
Lo stambecco dorato (zlatorog) è un animale classico della mitologia slovena, nominato in una nota leggenda. È sicuramente un simbolo antichissimo di frugalità e caparbietà di carattere, nonché della regione montuosa.
Il colore oro del vello e rosso delle corna e zoccoli richiamano il colore naturale dei due principali terreni che compongono la penisola: la Terra d’Istria gialla, tipica della zona centrale e costiera, composta di rocce sedimentarie quali argilla, marna, arenaria e calcaree, e la Terra d’Istria rossa, caratteristica dell’altopiano meridionale e occidentale, che presenta uno strato di terra ferrosa poggiato su rocce calcaree.
Di fatto venne sancito con l’istituzione del Margraviato dell’Istria (1861): “d’azzurro alla capra [alias: stambecco] ferma d’oro, cornuta e zoccolata di rosso”, corrispondente al blasone croato: “u plavome okrenuta zlatna/žuta koza s crvenim papcima i rogovima“.
Fino al 1918 la bandiera nazionale dell’Istria era un vessillo interzato in fascia giallo, rosso e blu; attualmente la regione istriana mostra un vessillo troncato azzurro e verde, caricato dello stemma storico (stilizzato).
L’Istria (Istra, in croato e sloveno; Istrien, tedesco) deriverebbe il proprio coronimo dall’antico popolo degli Istri, di origine illirica, nominati da Strabone come abitanti la regione Hister (Danubio, in riferimento alla posizione sub danubiana).
Geograficamente è una penisola che si estende nel mare Adriatico, delimitata dal Golfo di Trieste, le Alpi Giulie e Dinariche e il Golfo del Quarnaro.
Il territorio, appartenente nella sua interezza alla regione geografica italiana, è amministrato dalla Croazia per la maggior parte della sua estensione; una piccola parte dell’Istria, comprendente le città costiere di Ankaran (Ancarano), Izola (Isola), Portorose, Piran (Pirano, con la frazione di Portorož/Portorose) e Koper (Capodistria), appartiene amministrativamente alla Slovenia, ed un’ulteriore minima parte, limitata all’incirca al territorio dei comuni di Muggia e di San Dorligo della Valle, si trova in territorio italiano.
Gli Istri diedero vita a una sorta di federazione insieme ai Liburni, ai Giapidi, ai Carni e ad altri gruppi etnici di minore importanza, nota anche come cultura dei castellieri, la cui capitale era la città di Nezakcij/Nesazio (presso Ližnjan/Lisignano).
Secondo i romani, gli Istri erano tribù bellicose e dedite alla pirateria, che trovavano difesa e riparo nelle coste rocciose. Vennero dominati solo nel 177 a.C. Augusto, la cui organizzazione dell’Italia in regiones inglobò parte dell’Istria nella Regio X Venetia et Histria, creò numerose colonie di legionari nella penisola, allo scopo di proteggere i confini orientali dell’Italia romana dai barbari.
Alla caduta dell’Impero romano la regione fu esposta ai saccheggi dei Goti, per contrastare i quali Costantinopoli militarizzò la regione nel 538. Dopo l’occupazione longobarda, l’Istria fu annessa al Regno Franco da Pipino (789) e venne eretta in Marca assegnata ad Arnolfo di Carinzia (887-899). Risalgono a questo periodo le prime testimonianze sulla presenza di popolazioni slave nella regione istriana, già cristianizzate a partire dal VIII secolo.
Nel 933 con la pace di Rialto, Venezia ottenne un primo riconoscimento del diritto di navigare e commerciare lungo le coste istriane. In questo periodo gruppi di italici e di slavi si trasferirono in Istria. I primi si stabilirono lungo la costa e in alcune zone interne dell’Istria occidentale, mentre i secondi nell’entroterra e su alcuni tratti del litorale adriatico orientale. Successivamente l’Istria fu controllata dai duchi di Merania, dal duca di Baviera (dal 952), dai duchi di Carinzia (dal 976) e dal patriarca di Aquileia (dal 1077).
La dedizione “spontanea” alla Repubblica di Venezia della maggior parte dell’Istria occidentale e meridionale iniziò nel XII secolo e si concluse attorno alla metà del XIV secolo. L’entroterra istriano centro-settentrionale fu feudo del Patriarca di Aquileia e del Conte di Gorizia (il quale era contemporaneamente vassallo del Patriarcato di Aquileia e dell’imperatore del Sacro Romano Impero) fino al 1445.
Successivamente anche i territori del Patriarca di Aquileia (parte settentrionale dell’Istria interna) entrarono a far parte dello Stato della Serenissima. La massima estensione della sovranità veneziana sulla penisola istriana fu raggiunta in seguito all’esito del lodo arbitrale di Trento del 1535, quando Venezia ottenne anche una parte del territorio della villa di Zamask/Zamasco nei pressi di Motovun/Montona. Da quel momento, Venezia conservò la sovranità su buona parte dell’Istria fino alla dissoluzione del suo Stato per opera di Napoleone nel 1797.
Nel 1354 il conte Alberto IV di Gorizia e d’Istria (la sola zona settentrionale, soggetta ai conti di Gorizia), oberato dai debiti e senza figli, stipulò un accordo con gli Asburgo, cedendo loro tutti i diritti sui suoi possedimenti alla sua morte (che avvenne nel 1374) in cambio del pagamento di tutte le sue pendenze.
A partire dal 1374, gli Asburgo dominarono quindi anche una parte dell’Istria nord-orientale intorno a Podgrad/Castelnuovo e parte dell’Istria centro-orientale (Contea di Pazin/Pisino). Tale dominio rimarrà ininterrotto fino al 1918 con l’eccezione del periodo delle guerre veneto-arciducali e della parentesi napoleonica.
A seguito del trattato di Campoformio (17 ottobre 1797) l’Istria assieme a tutto il territorio della ex Repubblica di Venezia fu ceduta agli Asburgo d’Austria.
Dal 1805 al 1808 fece parte del Regno d’Italia napoleonico e, in seguito, fu inserita nelle Province Illiriche, direttamente annesse all’Impero francese.
Nel 1814 l’Istria tornò sotto gli Asburgo. Nel 1825 venne costituita la provincia istriana unendo il territorio già veneziano al territorio già austriaco, con l’aggiunta delle isole quarnerine di Cres/Cherso, Losinj/Lussino e Krk/Veglia. Nell’ambito delle varie riforme costituzionali dell’Impero, nel 1861 venne creata la Dieta istriana, con sede a Poreč/Parenzo.
Come conseguenza della terza guerra d’indipendenza italiana, che portò all’annessione del Veneto al Regno d’Italia, l’amministrazione imperiale austriaca, per tutta la seconda metà del XIX secolo, aumentò le ingerenze sulla gestione politica del territorio per attenuare l’influenza del gruppo etnico italiano temendone le correnti irredentiste. Durante la riunione del consiglio dei ministri del 12 novembre 1866 l’imperatore Francesco Giuseppe I d’Austria tracciò un progetto di ampio respiro mirante alla germanizzazione o slavizzazione delle aree dell’impero con presenza italiana.
Nel 1910 il margraviato d’Istria/ Markgrafschaft Istrien era suddiviso in sette distretti amministrativi (Politischer Bezirk). La città di Rovinj/Rovigno era regolata da uno statuto autonomo.
A seguito della vittoria italiana nella prima guerra mondiale con il trattato di Saint-Germain-en-Laye (1919) e il trattato di Rapallo (1920), l’Istria divenne parte del Regno d’Italia.
Con l’introduzione della Legge n. 2185 del 1/10/1923 (Riforma scolastica Gentile), fu abolito e vietato nelle scuole l’insegnamento delle lingue croata e slovena. Nell’arco di cinque anni tutti gli insegnanti croati delle oltre 130 scuole con lingua d’insegnamento croata e tutti gli insegnanti sloveni delle oltre 70 scuole con lingua d’insegnamento slovena, presenti in Istria, furono sostituiti con insegnanti originari dell’Italia, che imposero agli alunni l’uso esclusivo della lingua italiana; con il R. Decreto N. 800 del 29 marzo 1923 furono imposti d’ufficio toponomi italiani a tutte le località dei territori assegnati all’Italia con il Trattato di Rapallo, anche laddove precedentemente prive di denominazione in lingua italiana, in quanto abitate quasi esclusivamente da croati o sloveni (anche se questo decreto colpì soltanto un piccolo numero di frazioni). Inoltre, in base al Regio Decreto Legge N. 494 del 7 aprile 1926, le autorità fasciste italianizzarono i cognomi di diversi croati e sloveni.
Tali soprusi vennero denunciati da molti italiani antifascisti e dallo stesso prefetto Giuseppe Cocuzza che, in un pro memoria del 2 settembre 1943, metteva in evidenza un diffuso senso di paura di vendetta che avrebbe potuto spingere successivamente le popolazioni slave a infierire contro gli italiani dell’Istria.
A seguito degli avvenimenti dell’8 settembre del 1943 la comunità italiana restò in balia di tedeschi e della resistenza croata. Quest’ultima era più efficiente e preparata militarmente del movimento di liberazione sloveno che invece operava nella parte settentrionale della penisola. Buona parte della regione cadde, per un breve periodo, sotto il controllo dei partigiani slavi aderenti al movimento partigiano di Josip Broz “Tito”. Il 13 settembre 1943 a Pisino il Governo Provvisorio Insurrezionale Croato (Comitato circondariale di liberazione popolare per l’Istria, cro. Narodno oslobodilački odbor za Istru) proclamò l’annessione dell’Istria alla Croazia; poco dopo, il 16 settembre, il Consiglio Supremo del Fronte di Liberazione del Popolo Sloveno proclamò l’annessione alla futura entità statuale slovena del Litorale Sloveno (Slovensko Primorje), che comprendeva il litorale settentrionale dell’Istria. In questo breve periodo che precedette l’occupazione tedesca si verificarono i primi episodi di violenza anti-italiana, che provocarono un numero non del tutto precisato di vittime.
In seguito all’Armistizio di Cassibile, dal due ottobre del 1943 fino alla sconfitta della Germania nazista, l’Istria fu occupata da ingenti forze militari tedesche, che la incorporarono ufficialmente alla cosiddetta Zona di Operazioni del Litorale Adriatico o OZAK (acronimo di Operations Zone Adriatisches Küstenland) sottraendola totalmente al controllo della neonata Repubblica Sociale Italiana, e annettendola di fatto alla Germania del Terzo Reich (anche se non fu formalmente proclamata la sua annessione).
L’occupazione tedesca iniziata ai primi di ottobre si concluse il 9 ottobre con la conquista di Rovigno. Il rastrellamento antipartigiano dell’Istria andò avanti tutto il mese di ottobre, colpendo con brutalità i seguaci del Maresciallo Tito.
Il comandante militare della regione Ludwig Kübler avviò una lotta crudele e senza quartiere al movimento partigiano comandato da Tito, attraverso l’utilizzo di forze armate collaborazioniste italiane (oltre a forze slovene, croate, serbe, russe, ecc.).
Tra la fine di aprile e i primi di maggio del 1945 l’Istria, grazie allo sforzo congiunto della resistenza locale (sia slava che italiana), fu liberata dall’occupazione tedesca dall’armata jugoslava di Tito.
La successiva politica di persecuzioni, vessazioni ed espropri messa in atto da Tito ai danni della popolazione italiana, culminata nel dramma dei massacri delle foibe, nelle quali si stima persero la vita dai 3000 ai 5000 civili, spinse la massima parte della popolazione locale di etnia italiana ad abbandonare l’Istria, dando vita all’esodo giuliano dalmata (si stima che le persone coinvolte nell’esodo furono tra i 250.000 e le 350.000.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale con il trattato di Parigi (1947), l’Istria fu assegnata alla Jugoslavia che l’aveva occupata, con l’eccezione della cittadina di Muggia e del comune di San Dorligo della Valle inserite nella Zona A del Territorio Libero di Trieste.
La Zona B del Territorio Libero di Trieste rimase temporaneamente sotto amministrazione jugoslava, ma dopo la dissoluzione del Territorio Libero di Trieste nel 1954 (memorandum di Londra), fu di fatto incorporata alla Jugoslavia; l’assegnazione della Zona B alla Jugoslavia fu ufficializzata con il trattato di Osimo (1975).
Dopo la disgregazione della Jugoslavia gli stati sovrani di Croazia e Slovenia hanno mantenuto nell’area istriana i confini delle rispettive repubbliche federali. Tra Croazia e Slovenia si è aperta una disputa confinaria riguardo alla linea di demarcazione in corrispondenza del Vallone di Pirano, con ripercussioni sul confine marittimo tra i due stati.
L’Istria resta legata per motivi storici, geografici e culturali al Friuli-Venezia Giulia e al Veneto. Le due regioni italiane prevedono dei capitoli di spesa nei propri bilanci a sostegno della minoranza italiana e per il mantenimento delle memorie storiche istro-venete.
Nota di Massimo Ghirardi
Bibliografia:
- PERICIN, La capra in Istria tra miti, tradizioni e ordinanze, Atti del convegno, vol. XLIII, 2013, p. 631-659.
- SCHIAVATO in “La capra, simbolo dell’Istria e del destino di queste terre”, La Voce del Popolo, 2 giugno 2007.
- MILANI, Racconti di Guerra – “Capre”, EDIT, Fiume 2008
“Drappo troncato di azzurro e di verde caricato in centro dello stemma istriano…”
Disegnato da: Massimo Ghirardi
LEGENDA