Stato Pallavicino
Lo Stato Pallavicino prende il nome dall’omonima famiglia principesca e nel suo complesso, corrispondeva all’antica contea dell’Aucia, della quale ottennero l’investitura da Corrado il Salico, che venne via via suddivisa con le successioni ereditarie della stirpe.
I Pallavicino, dopo aver ottenuto alcune investiture imperiali, riuscirono a raggiungere l’autonomia, pur diventando poi un feudo imperiale mediato ossia sottoposto a un altro Stato: nello specifico il Ducato di Milano. Comprendeva due territori principali: i marchesati di Busseto e quello di Cortemaggiore, più altri territori minori nella fascia tra il Po e l’Appennino.
La dinastia si ritiene una delle quattro stirpi “Obertenghe” discendenti dal longobardo Oberto, marchese di Toscana (morto nel 973): le altre sono le linee dinastiche degli Estensi, dei Malaspina, dei Massa-Cybo).
L’agnome familiare deriverebbe dal soprannome di Oberto (morto nel 1148), detto “Pelavicino”, per via dell’atteggiamento aggressivo nei confronti dei vicini feudatari.
Il figlio naturale di Niccolò Pallavicino, Rolando detto “il Magnifico” (morto nel 1457), ereditò nel 1401 il grande patrimonio terriero paterno, comprendente nel 1395 i feudi di Busseto, Borgo San Donnino (Fidenza), Solignano (in Val Taro), Ravarano, Monte Palerio, Tabiano, Bargone, Serravalle Ceno, Pietramogola, Parola, Castelvecchio di Soragna, Costamezzana, Medesano, Noceto, Rivo Sangonario, Corte Redalda, Castione (de’Marcesi), Varano (de’Melegari), Polesine di San Vito, Zibello, Santa Croce (di Zibello), Ragazzola e altri territori nel Volterrano, Lucchesia, Cremonese e Piacentino.
Nel 1413 il marchese Orlando ottenne la conferma dei privilegi feudali dall’imperatore Sigismondo di Lussemburgo; negli anni seguenti ingrandì ulteriormente il proprio dominio e intraprese l’opera di riorganizzazione amministrativa dello Stato, emanando nel 1429 gli Statuta Pallavicinia, comprendenti una serie di norme di natura giuridica per disciplinare le istituzioni e le leggi del marchesato.
Busseto divenne inizialmente il centro principale insieme a Cortemaggiore, che verrà rifondata dal marchese Gian Lodovico come “città ideale” a partire dal 1479.
Nel 1441 Niccolò Piccinino attaccò i Pallavicino per conto dei Visconti, costringendo Rolando “il Magnifico” all’esilio, solo dopo un atto di fedeltà al Duca di Milano poté rientrare nel proprio dominio nel 1445, ridimensionato di alcuni territori (Monticelli d’Ongina venne data in dono al Piccinino).
Alla morte di Orlando nel 1457, contravvenendo in parte alle disposizioni testamentarie paterne che prevedevano che lo Stato non venisse frazionato, i fratelli eredi formarono dei territori separati:
- Nicolò, primogenito, divenne marchese di Varano de’ Marchesi, ereditando inoltre i feudi di Miano, Castelguelfo e Gallinella;
- Oberto divenne marchese di Tabiano, ereditando inoltre i feudi di Castellina e, per metà col fratello Gianfrancesco, il castello di Solignano;
- Gian Lodovico I e Pallavicino divennero marchesi di Busseto, con la pertinenza di Cortemaggiore, ereditando inoltre il feudo di Bargone;
- Giovan Manfredo divenne marchese di Polesine, ereditando inoltre il feudo di Costamezzana;
- Carlo, poi vescovo di Lodi, divenne marchese del recuperato Monticelli d’Ongina;
- Gianfrancesco, ultimogenito, divenne marchese di Zibello, ereditando inoltre, per metà col fratello Oberto, Solignano.
Lo Stato Pallavicino subì un’ulteriore frammentazione nel 1479 quando, a causa dei dissidi sorti tra i due fratelli Gian Lodovico I e Pallavicino, Cortemaggiore fu creata marchesato autonomo nelle mani del primo, mentre Busseto rimase al secondo.
Nel 1569 i cugini Gerolamo, marchese di Busseto, e Sforza, marchese di Cortemaggiore, privi entrambi di figli maschi, si accordarono sulla successione dei due feudi, stabilendo che chi dei due fosse sopravvissuto all’altro ne avrebbe ereditato il patrimonio e che alla morte di questi lo Stato Pallavicino riunito sarebbe passato ad Adalberto, figlio naturale di Galeazzo I, zio di Gerolamo; tuttavia, Adalberto morì nel 1570, perdendo la possibilità di succedere al trono nonostante la nascita del figlio Galeazzo I.
Il 23 maggio del 1579 morì Gerolamo Pallavicino e il marchese Sforza Pallavicino gli succedette, riunendo i due feudi in uno unico, comprendente nel 1580 Cortemaggiore, Fiorenzuola (d’Arda), Monticelli d’Ongina, Castelvetro (Piacentino), San Rocco (di Busseto), Busseto, Vidalenzo, Sant’Andrea (Bagni), Samboseto, Frescarolo, Salsomaggiore, Bargone, Costamezzana, Soarza e Villanova.
Nel 1584 Sforza emanò i Capitoli del Consiglio di Comunità di Cortemaggiore, a ulteriore integrazione del corpo statutario stilato dal nonno Rolando II e dal trisavolo Rolando il Magnifico; i Capitoli rimasero in vigore per regolamentare il consiglio di Comunità di Cortemaggiore fino alla sua soppressione sancita da Napoleone nel 1806.
Il 4 febbraio del 1585 morì anche il marchese Sforza, nominando suo erede universale Alessandro Pallavicino di Zibello, che, in base agli accordi col duca di Parma Ottavio Farnese, ne sposò la figlia naturale Lavinia. Il 2 settembre del 1587 il nuovo duca Alessandro Farnese incaricò il figlio Ranuccio I di espropriare dello Stato i Pallavicino; a nulla valsero le proteste del marchese che, imprigionato nella Rocchetta di Parma, fu costretto a cedere alla Camera Ducale le terre ereditate; sopravvisse invece il marchesato di Zibello (il cui ramo è tutt’ora fiorente e residente a Parma), soppresso soltanto in seguito all’occupazione napoleonica del 1805. Alessandro si trasferì nei suoi feudi in Italia centrale.
Nel 1613 Gerolamo Galeazzo III Pallavicino, figlio di Galeazzo II, ricorse al Tribunale della Rota Romana contro Alessandro Pallavicino e dunque indirettamente contro Ranuccio I Farnese, rivendicando i propri diritti di successione in qualità di figlio adottivo; dopo aver ottenuto una sentenza favorevole, si rivolse nel 1633 all’imperatore Ferdinando II d’Asburgo, che il 17 marzo del 1636 lo investì formalmente dei diritti sullo Stato Pallavicino. Nel mese di settembre, dopo l’occupazione di Busseto e Cortemaggiore da parte dell’esercito spagnolo, Galeazzo III riprese possesso del marchesato; tuttavia, in seguito alla stipula della pace tra il re di Spagna Filippo IV e il duca di Parma Odoardo I Farnese, nel mese di febbraio del 1637 fu definitivamente ripristinata la sovranità del duca di Parma sullo Stato Pallavicino.
Nonostante l’annessione, le terre dell’antico Stato Pallavicino mantennero, analogamente a quelle dello Stato Landi sull’Appennino parmense, una relativa autonomia all’interno del ducato farnesiano, fino alla fine del XVIII secolo.
Lo stemma dei Pallavicino originale era “cinque punti d’argento equipollenti a quattro di rosso” al quale venne aggiunto successivamente “… col capo d’oro all’aquila bicipite spiegata di nero”.
In diffuse varianti lo stemma “cinque punti di rosso equipollenti a quattro d’argento” od era anche caricato direttamente in petto all’Aquila bicipite imperiale.
Nota di Massimo Ghirardi
Bibliografia:
De Meo M. 2005 – LE ANTICHE FAMIGLIE NOBILI E NOTABILI DI PARMA E I LORO STEMMI. Vol. III (n-Z). Palatina Editrice, Parma.
Stemma Ridisegnato
Disegnato da: Massimo Ghirardi
Stemma Ufficiale
Logo
Bozzetto originale acs/Pdc
Altre immagini
Profilo araldico
“Cinque punti d’argento equipollenti a quattro di rosso col capo d’oro all’aquila bicipite spiegata di nero”.
argento, oro
Partizioni:
capo, scaccato
Oggetti dello stemma:
aquila bicipite
Pezze onorevoli dello scudo:
punto
Attributi araldici:
equipollente, spiegato
LEGENDA
Lo Stato Pallavicino prende il nome dall’omonima famiglia principesca e nel suo complesso, corrispondeva all’antica contea dell’Aucia, della quale ottennero l’investitura da Corrado il Salico, che venne via via suddivisa con le successioni ereditarie della stirpe.
I Pallavicino, dopo aver ottenuto alcune investiture imperiali, riuscirono a raggiungere l’autonomia, pur diventando poi un feudo imperiale mediato ossia sottoposto a un altro Stato: nello specifico il Ducato di Milano. Comprendeva due territori principali: i marchesati di Busseto e quello di Cortemaggiore, più altri territori minori nella fascia tra il Po e l’Appennino.
La dinastia si ritiene una delle quattro stirpi “Obertenghe” discendenti dal longobardo Oberto, marchese di Toscana (morto nel 973): le altre sono le linee dinastiche degli Estensi, dei Malaspina, dei Massa-Cybo).
L’agnome familiare deriverebbe dal soprannome di Oberto (morto nel 1148), detto “Pelavicino”, per via dell’atteggiamento aggressivo nei confronti dei vicini feudatari.
Il figlio naturale di Niccolò Pallavicino, Rolando detto “il Magnifico” (morto nel 1457), ereditò nel 1401 il grande patrimonio terriero paterno, comprendente nel 1395 i feudi di Busseto, Borgo San Donnino (Fidenza), Solignano (in Val Taro), Ravarano, Monte Palerio, Tabiano, Bargone, Serravalle Ceno, Pietramogola, Parola, Castelvecchio di Soragna, Costamezzana, Medesano, Noceto, Rivo Sangonario, Corte Redalda, Castione (de’Marcesi), Varano (de’Melegari), Polesine di San Vito, Zibello, Santa Croce (di Zibello), Ragazzola e altri territori nel Volterrano, Lucchesia, Cremonese e Piacentino.
Nel 1413 il marchese Orlando ottenne la conferma dei privilegi feudali dall’imperatore Sigismondo di Lussemburgo; negli anni seguenti ingrandì ulteriormente il proprio dominio e intraprese l’opera di riorganizzazione amministrativa dello Stato, emanando nel 1429 gli Statuta Pallavicinia, comprendenti una serie di norme di natura giuridica per disciplinare le istituzioni e le leggi del marchesato.
Busseto divenne inizialmente il centro principale insieme a Cortemaggiore, che verrà rifondata dal marchese Gian Lodovico come “città ideale” a partire dal 1479.
Nel 1441 Niccolò Piccinino attaccò i Pallavicino per conto dei Visconti, costringendo Rolando “il Magnifico” all’esilio, solo dopo un atto di fedeltà al Duca di Milano poté rientrare nel proprio dominio nel 1445, ridimensionato di alcuni territori (Monticelli d’Ongina venne data in dono al Piccinino).
Alla morte di Orlando nel 1457, contravvenendo in parte alle disposizioni testamentarie paterne che prevedevano che lo Stato non venisse frazionato, i fratelli eredi formarono dei territori separati:
- Nicolò, primogenito, divenne marchese di Varano de’ Marchesi, ereditando inoltre i feudi di Miano, Castelguelfo e Gallinella;
- Oberto divenne marchese di Tabiano, ereditando inoltre i feudi di Castellina e, per metà col fratello Gianfrancesco, il castello di Solignano;
- Gian Lodovico I e Pallavicino divennero marchesi di Busseto, con la pertinenza di Cortemaggiore, ereditando inoltre il feudo di Bargone;
- Giovan Manfredo divenne marchese di Polesine, ereditando inoltre il feudo di Costamezzana;
- Carlo, poi vescovo di Lodi, divenne marchese del recuperato Monticelli d’Ongina;
- Gianfrancesco, ultimogenito, divenne marchese di Zibello, ereditando inoltre, per metà col fratello Oberto, Solignano.
Lo Stato Pallavicino subì un’ulteriore frammentazione nel 1479 quando, a causa dei dissidi sorti tra i due fratelli Gian Lodovico I e Pallavicino, Cortemaggiore fu creata marchesato autonomo nelle mani del primo, mentre Busseto rimase al secondo.
Nel 1569 i cugini Gerolamo, marchese di Busseto, e Sforza, marchese di Cortemaggiore, privi entrambi di figli maschi, si accordarono sulla successione dei due feudi, stabilendo che chi dei due fosse sopravvissuto all’altro ne avrebbe ereditato il patrimonio e che alla morte di questi lo Stato Pallavicino riunito sarebbe passato ad Adalberto, figlio naturale di Galeazzo I, zio di Gerolamo; tuttavia, Adalberto morì nel 1570, perdendo la possibilità di succedere al trono nonostante la nascita del figlio Galeazzo I.
Il 23 maggio del 1579 morì Gerolamo Pallavicino e il marchese Sforza Pallavicino gli succedette, riunendo i due feudi in uno unico, comprendente nel 1580 Cortemaggiore, Fiorenzuola (d’Arda), Monticelli d’Ongina, Castelvetro (Piacentino), San Rocco (di Busseto), Busseto, Vidalenzo, Sant’Andrea (Bagni), Samboseto, Frescarolo, Salsomaggiore, Bargone, Costamezzana, Soarza e Villanova.
Nel 1584 Sforza emanò i Capitoli del Consiglio di Comunità di Cortemaggiore, a ulteriore integrazione del corpo statutario stilato dal nonno Rolando II e dal trisavolo Rolando il Magnifico; i Capitoli rimasero in vigore per regolamentare il consiglio di Comunità di Cortemaggiore fino alla sua soppressione sancita da Napoleone nel 1806.
Il 4 febbraio del 1585 morì anche il marchese Sforza, nominando suo erede universale Alessandro Pallavicino di Zibello, che, in base agli accordi col duca di Parma Ottavio Farnese, ne sposò la figlia naturale Lavinia. Il 2 settembre del 1587 il nuovo duca Alessandro Farnese incaricò il figlio Ranuccio I di espropriare dello Stato i Pallavicino; a nulla valsero le proteste del marchese che, imprigionato nella Rocchetta di Parma, fu costretto a cedere alla Camera Ducale le terre ereditate; sopravvisse invece il marchesato di Zibello (il cui ramo è tutt’ora fiorente e residente a Parma), soppresso soltanto in seguito all’occupazione napoleonica del 1805. Alessandro si trasferì nei suoi feudi in Italia centrale.
Nel 1613 Gerolamo Galeazzo III Pallavicino, figlio di Galeazzo II, ricorse al Tribunale della Rota Romana contro Alessandro Pallavicino e dunque indirettamente contro Ranuccio I Farnese, rivendicando i propri diritti di successione in qualità di figlio adottivo; dopo aver ottenuto una sentenza favorevole, si rivolse nel 1633 all’imperatore Ferdinando II d’Asburgo, che il 17 marzo del 1636 lo investì formalmente dei diritti sullo Stato Pallavicino. Nel mese di settembre, dopo l’occupazione di Busseto e Cortemaggiore da parte dell’esercito spagnolo, Galeazzo III riprese possesso del marchesato; tuttavia, in seguito alla stipula della pace tra il re di Spagna Filippo IV e il duca di Parma Odoardo I Farnese, nel mese di febbraio del 1637 fu definitivamente ripristinata la sovranità del duca di Parma sullo Stato Pallavicino.
Nonostante l’annessione, le terre dell’antico Stato Pallavicino mantennero, analogamente a quelle dello Stato Landi sull’Appennino parmense, una relativa autonomia all’interno del ducato farnesiano, fino alla fine del XVIII secolo.
Lo stemma dei Pallavicino originale era “cinque punti d’argento equipollenti a quattro di rosso” al quale venne aggiunto successivamente “… col capo d’oro all’aquila bicipite spiegata di nero”.
In diffuse varianti lo stemma “cinque punti di rosso equipollenti a quattro d’argento” od era anche caricato direttamente in petto all’Aquila bicipite imperiale.
Nota di Massimo Ghirardi
Bibliografia:
De Meo M. 2005 – LE ANTICHE FAMIGLIE NOBILI E NOTABILI DI PARMA E I LORO STEMMI. Vol. III (n-Z). Palatina Editrice, Parma.
Stemma Ridisegnato
Disegnato da: Massimo Ghirardi
Stemma Ufficiale
Logo
Bozzetto originale acs/Pdc
Altre immagini
Profilo araldico
“Cinque punti d’argento equipollenti a quattro di rosso col capo d’oro all’aquila bicipite spiegata di nero”.
argento, oro
Partizioni:
capo, scaccato
Oggetti dello stemma:
aquila bicipite
Pezze onorevoli dello scudo:
punto
Attributi araldici:
equipollente, spiegato
LEGENDA