Val di Chiana
La Val di Chiana è un esteso solco vallivo con andamento Nord-Sud, per una lunghezza di circa cento chilometri, tra le città di Arezzo e Orvieto. Sua caratteristica peculiare è quella di essere compresa tra due diversi bacini idrici, dell’Arno a Nord e del Tevere a Sud. Nell’Antichità era percorsa dal fiume Clanis (Chiani), che dalle sorgenti presso Arezzo la percorreva per intero fino a gettarsi nel Paglia, tributario del Tevere, presso Orvieto. Era in quegli anni un territorio fertile e densamente abitato da popolazioni umbre ed etrusche, che vi fondarono rilevanti centri urbani come Arezzo, Chiusi e Cortona. L’area conobbe un periodo di grande floridezza, grazie alle efficaci tecniche agricole sviluppate dagli Etruschi, che permise un’estesa produzione di cereali, in particolar modo farro. Allo stesso tempo vennero avviati fiorenti commerci, grazie anche alla navigabilità del fiume, servito da numerosi approdi. Tale periodo di sviluppo proseguì anche al tempo della lunga dominazione romana, quando la valle era attraversata dall’importante via Cassia. Lo scenario cambiò rapidamente al tempo delle invasioni barbariche, con l’abbandono delle colture e il conseguente impaludamento delle fertili terre chianine.
Dopo il Mille, nonostante la presenza di estesi acquitrini la valle tornò lentamente a ripopolarsi, grazie allo sviluppo di importanti centri urbani quali Cortona, Foiano e Montepulciano, mentre Chiusi, centro floridissimo nell’Antichità, aveva perso gran parte della passata rilevanza. Ai vitali comuni locali si contrapposero ben presto gli interessi della civitas maggiori, in particolar modo Arezzo, Siena e Perugia, con frequenti conflitti con i centri della valle e fra di loro. Nel corso del XII secolo prevalse Siena, mentre nel secolo successivo fu Arezzo a imporre il suo dominio. Nel 1288 le due città si scontrarono nella battaglia di Pieve al Toppo, ricordata anche da Dante (Inf., XIII, 121).
Il Comune di Arezzo alzava in quegli anni un’insegna partita bianco-rossa (fig. 1), affiancata da quella del Popolo, di rosso alla croce d’oro (fig. 2); insegne alle quali si sostituì nel tempo il «cavallo sfrenato» (fig. 3), derivato con molte probabilità da un sigillo della metà del XIII secolo e in origine animale totemico della Città, come testimoniano il mosaico pavimentale del Duomo di Siena e i versi di Fazio degli Uberti e Antonio Pucci.
Nella prima metà del XIV secolo entrò in gioco anche Firenze, che nel 1336 espugnò Foiano radendola praticamente al suolo. Tuttavia la Città dal Fiore riuscì a occupare l’intera valle solo nel 1554, in seguito alla battaglia di Scannagallo, quando ormai la dinastia medicea stava portando a termine l’ambizioso progetto di fare della Toscana uno Stato regionale sotto il loro dominio.
La vasta palude chianina, che rendeva malsana l’aria e improduttiva la terra, non lasciò insensibile il genio di Leonardo da Vinci. Studiando a fondo il corso dell’Arno e dei suoi affluenti, arrivò a proporre soluzioni grandiose per renderlo navigabile dal Valdarno superiore fino al mare. Il suo progetto – spiegato nei minimi particolari nel Codice Atlantico, con dettagliati rilievi cartografici e calcolando perfino costi e profitti – necessitava però di un fiume che garantisse una costante portata d’acqua. Secondo l’idea di Leonardo il problema si sarebbe potuto risolvere con l’innalzamento del bacino della Chiana, fino a creare un grande lago.
Bisognerà attendere il 1788 perché il problema venisse risolto, quando l’illuminato granduca Pietro Leopoldo I di Lorena promosse la bonifica della palude, per dare salubrità e sviluppo al territorio chianino. Assegnò l’incarico all’ingegnere idraulico aretino Vittorio Fossombroni, che lavorò intensamente alla bonifica per un quarantennio.
Nel XV secolo il territorio della valle trovò un assestamento amministrativo che sarebbe durato, con minimi assestamenti, fino alle riforme leopoldine (1774-1783). Diviso pressoché a metà fra lo Stato fiorentino (parte settentrionale) e quello di Siena, venne riunito sotto la corona granducale da Cosimo I (1555), mantenendo tuttavia i confini delle varie giurisdizioni ereditati dagli Stati repubblicani.
La parte più settentrionale della valle era direttamente sottoposta al Capitanato di Arezzo, con il territorio periurbano inquadrato nella Comunità delle Cortine. Era compresa nella stessa giurisdizione anche Civitella, antica roccaforte longobarda passata in feudo al Vescovo di Arezzo fin dall’XI secolo. In quei secoli fu nota come Civitella del Vescovo e fu capoluogo del Viscontado della Val d’Ambra. Entrata definitivamente nel Dominio fiorentino nel 1348, fu sede di Podesteria e alzò come insegna un leone d’oro in campo azzurro (fig. 4), chiaro riferimento al Marzocco fiorentino, forse imposto dalla Dominante per marcare la propria presenza in un luogo fortemente simbolico, nel quale i vescovi aretini avevano esercitato il proprio potere.
Immediatamente a ridosso del territorio aretino, quasi a far da cuscinetto con l’antica rivale Cortona, si trova Castiglione, ricordato dai documenti fin dal X secolo, sottomesso alla potente diocesi di Arezzo. Eretto a libero Comune nella seconda metà del XII secolo, dopo un breve dominio fiorentino conseguente la battaglia di Campaldino (1289), la cittadina tornò sotto l’antico dominio, rimarcato dal mutamento del nome in Castiglion Aretino. La mutazione del toponimo fu una costante nella storia locale; espugnato dai Perugini nel 1344 venne ribattezzato Castiglion Perugino finché, dopo una ribellione, dal 1384 tornò definitivamente sotto il dominio fiorentino, mutando per l’ultima volta la denominazione in Castiglion Fiorentino. La prima insegna nota è costituita da un castello con due torri in campo azzurro (fig. 5); attorno al XV secolo ne venne adottata un’altra con la figura del santo patrono, l’arcangelo Michele, rappresentato nell’atto di uccidere il drago (fig. 6).
Cortona, di antichissima origine e sede di una delle dodici lucumonie etrusche, fin dal XIII secolo si eresse a libero comune e nel 1325 ebbe una propria sede vescovile. Fu sempre in forte rivalità con la vicina Arezzo, per contrastare la quale strinse nel tempo alleanze con Perugia, Firenze e Siena. Dopo una breve esperienza signorile, nel 1411 entrò a far parte del Distretto fiorentino, come sede di un Capitanato. Attorno alla metà del XIII secolo la sfragistica attesta la figura di un drago (fig. 7) come insegna di Cortona, sostituito dal leone marciano (fig. 8) per solennizzare la pacificazione delle fazioni, ratificata il 25 aprile 1261, giorno in cui cadeva la festa dell’Evangelista.
Altrettanto fiorente fu il passato di Montepulciano. Libero comune ricco e vitale grazie alle attività mercantili, artigianali e agricole, attrasse fin dall’inizio del XIII secolo le mire espansionistiche di Firenze e Siena. Dopo un periodo di contese per il potere tra le casate maggiori, tra le quali prevalsero i Del Pecora, nel 1390 Montepulciano si alleò stabilmente con Firenze, fino a venir incorporata stabilmente nel Distretto fiorentino sotto la giurisdizione di un Capitano, pur mantenendo autonomia locale. La ritrovata stabilità politica dette luogo a un lungo periodo di fioritura artistica e prestigio culturale, tanto da ottenere nel 1561 una propria sede vescovile. In merito alle insegne della città poliziana, la più risalente è costituita da un semplice partito bianco-rosso di origine vessillare (fig. 9), al quale in seguito venne preferito un grifone rosso in campo argento (fig. 10), segno che l’accomuna ad altre città di origine etrusca, quali Perugia, Grosseto e Volterra.
La parte nord-occidentale della valle era sottoposta all’autorità del vicario della Val di Chiana, che risedeva sei mesi a Lucignano e sei mesi a Monte San Savino, località accomunate in un’unica Podesteria. In virtù della felice posizione geografica, Lucignano, dopo un periodo di libertà comunale, venne sottomesso prima da Arezzo e poi da Perugia. Nel XIV secolo entrò in gioco anche Siena, che occupò Lucignano, munendolo di una notevole cinta muraria e di una rocca turrita. Ai senesi subentrarono i fiorentini, che eressero la cittadina a sede di Vicariato. Lucignano alzò come insegna un grifone d’oro in campo rosso accantonato da una stella (fig. 11), a ricordo della lunga occupazione perugina, della quale evidentemente i cittadini conservarono un buon ricordo.
La vicina Monte San Savino, che si alternava ogni semestre a Lucignano come sede del giusdicente fiorentino, alzò un’insegna parlante costituita da un monte all’italiana di sei colli sormontato dal giglio fiorentino, dal quale germogliavano quattro (a volte due) fronde di savina (fig. 12), pianta arborea appartenente alla famiglia delle Cupressacee (Juniperus sabina L.), nota anche come sabina o cipresso dei maghi.
Era sottoposta al Vicariato di Val di Chiana anche la comunità di Foiano, che fin dal 1084 si era proclamata libero comune, dotandosi di uno statuto cittadino. A lungo contesa tra senesi e aretini, venne infine sottoposta a questi ultimi, che ne mantennero il dominio fino al 1336. In quell’anno furono i fiorentini a espugnare Foiano, radendola praticamente al suolo, riedificandola tuttavia in breve tempo, dotandola di una caratteristica cinta muraria in laterizio. Foiano venne così inclusa del dominio fiorentino, soggetta a un podestà per le cause civili e al citato vicario per quelle penali. I sigilli superstiti attestano fin dal XIV secolo l’uso da parte di Foiano del segno del giglio, rappresentato in modo simile al fleur-de-lys francese, privo cioè di stami, d’oro in campo rosso (fig. 13). Molti blasonari riferiscono tuttavia un’ulteriore insegna di tipo naturalistico, con la figura di un candido bue chianino (a volte reso in oro) coricato sulla pianura erbosa in mezzo a due alberi di cipresso, sormontato da una falce lunare (fig. 14). Insegna peraltro assente in ambito locale, forse desunta da un occasionale gonfalone che per qualche tempo accompagnò la delegazione foianese al corteo delle terre soggette in occasione dei festeggiamenti del santo patrono fiorentino.
La parte meridionale della valle era soggetta allo Stato di Siena. Il centro demico più rilevante un questa parte di territorio è Chiusi, che fu sede di un Capitanato. Città di origine etrusca, ebbe nell’Antichità una notevole rilevanza, circondata com’era da un territorio soggetto vasto ed estremamente fertile, e posizionata lungo un’arteria molto trafficata quale fu la via Cassia. Con la dominazione longobarda fu sede di un ducato, in seguito accorpato alla marca di Tuscia. Nel corso dell’XI secolo gli Orvietani, col consenso imperiale, realizzarono una mastodontica diga che sbarrava il corso del fiume Chiani, con la conseguente creazione di un vasto invaso che sommerse gran parte del territorio chiusino. La città si impoverì e nel corso del Medioevo non tornò più all’antica potenza, limitata da quella di scomodi vicini quali furono Orvieto e Siena, ai quali Chiusi venne assoggettata. Fu in ogni caso sede di un’antica e vasta diocesi con vescovo metropolita, e ospitò una prestigiosa scuola di arti liberali.
L’insegna di Chiusi, attestata dai blasonari senesi nonché dall’esemplare monumentale delle Cappelle medicee a Firenze, presenta un campo troncato bianco-rosso caricato da un leone d’oro, coronato, attraversato all’altezza del collo da un lambello rosso a quattro pendenti (fig. 15).
Al Capitanato di Chiusi furono soggette, in area chianina, tre Podesterie. Quella di Chianciano portava un’insegna di tipo araldico, con una stella d’oro a sei o otto raggi, in campo rosso (fig. 16). Sinalunga, un tempo denominata Asinalonga, portava per insegna parlante un’asina passante sulla campagna, a volte rappresentata con un villico che la cavalca (fig. 17). Quella di Torrita e Montefollonica, infine, è di tipo politico, e rappresenta un leone argento in campo rosso, tenente tre spighe di grano d’oro (fig. 18). La figura, qui come in molte delle terre soggette al dominio senese, richiama l’arme del Popolo di Siena, di rosso al leone d’argento, coronato d’oro, privo della corona in segno di sottomissione, accompagnata da un attributo (spesso parlante) come segno identificativo della località.
Nella Val di Chiana senese era in gran parte compresa la Podesteria di San Casciano, soggetta al Capitanato di Radicofani, l’insegna della quale valorizzava l’aspetto termale della località (oggi nota con l’appellativo “dei Bagni”), con la figura di tre bagnanti di carnagione, nude, immerse nella vasca termale (fig. 19). La podesteria di Sarteano, che dipendeva direttamente da Siena, alzava un leone – anche in questo caso alludente a quello del Popolo senese – accompagnato nel cantone in alto a destra da una stella d’argento (fig. 20).
Citiamo infine le Podesterie di Serre e Rapolano, e di Trequanda e Scrofiano, sottoposte al Capitanato di Pienza, i territori delle quali si estendevano in minima parte nella valle chianina.
Nell’attuale struttura amministrativa, la Val di Chiana è suddivisa tra le province di Arezzo, Siena e, in misura nimore, in quelle umbre di Perugia e Terni.
Nella Provincia di Arezzo sono compresi i Comuni di Castiglion Fiorentino, Civitella in Val di Chiana, Cortona, Foiano della Chiana, Lucignano, Marciano della Chiana, Monte San Savino; sono inoltre interessati, con parte del territorio, Bucine e lo stesso Capoluogo.
Nella Provincia di Siena sono compresi i Comuni di Cetona, Chianciano Terme, Chiusi, Montepulciano, Sinalunga, Torrita di Siena; in misura parziale quelli di San Casciano dei Bagni, Sarteano, Trequanda, Rapolano Terme; e, in minima parte, quello di Pienza.
In Provincia di Perugia si estendono nella valle, con parti più o meno ampie del loro territorio, i Comuni di Castiglione del Lago, Città della Pieve, Tuoro sul Trasimeno, Panicale, Paciano.
In quella di Terni, infine, si estendono nella valle, per intero o parzialmente, i Comuni di Fabro, Ficulle, Montegabbione, Monteleone d’Orvieto, Orvieto, Parrano.
Nota e disegni a cura di Michele Turchi
Bibliografia
LEGENDA
La Val di Chiana è un esteso solco vallivo con andamento Nord-Sud, per una lunghezza di circa cento chilometri, tra le città di Arezzo e Orvieto. Sua caratteristica peculiare è quella di essere compresa tra due diversi bacini idrici, dell’Arno a Nord e del Tevere a Sud. Nell’Antichità era percorsa dal fiume Clanis (Chiani), che dalle sorgenti presso Arezzo la percorreva per intero fino a gettarsi nel Paglia, tributario del Tevere, presso Orvieto. Era in quegli anni un territorio fertile e densamente abitato da popolazioni umbre ed etrusche, che vi fondarono rilevanti centri urbani come Arezzo, Chiusi e Cortona. L’area conobbe un periodo di grande floridezza, grazie alle efficaci tecniche agricole sviluppate dagli Etruschi, che permise un’estesa produzione di cereali, in particolar modo farro. Allo stesso tempo vennero avviati fiorenti commerci, grazie anche alla navigabilità del fiume, servito da numerosi approdi. Tale periodo di sviluppo proseguì anche al tempo della lunga dominazione romana, quando la valle era attraversata dall’importante via Cassia. Lo scenario cambiò rapidamente al tempo delle invasioni barbariche, con l’abbandono delle colture e il conseguente impaludamento delle fertili terre chianine.
Dopo il Mille, nonostante la presenza di estesi acquitrini la valle tornò lentamente a ripopolarsi, grazie allo sviluppo di importanti centri urbani quali Cortona, Foiano e Montepulciano, mentre Chiusi, centro floridissimo nell’Antichità, aveva perso gran parte della passata rilevanza. Ai vitali comuni locali si contrapposero ben presto gli interessi della civitas maggiori, in particolar modo Arezzo, Siena e Perugia, con frequenti conflitti con i centri della valle e fra di loro. Nel corso del XII secolo prevalse Siena, mentre nel secolo successivo fu Arezzo a imporre il suo dominio. Nel 1288 le due città si scontrarono nella battaglia di Pieve al Toppo, ricordata anche da Dante (Inf., XIII, 121).
Il Comune di Arezzo alzava in quegli anni un’insegna partita bianco-rossa (fig. 1), affiancata da quella del Popolo, di rosso alla croce d’oro (fig. 2); insegne alle quali si sostituì nel tempo il «cavallo sfrenato» (fig. 3), derivato con molte probabilità da un sigillo della metà del XIII secolo e in origine animale totemico della Città, come testimoniano il mosaico pavimentale del Duomo di Siena e i versi di Fazio degli Uberti e Antonio Pucci.
Nella prima metà del XIV secolo entrò in gioco anche Firenze, che nel 1336 espugnò Foiano radendola praticamente al suolo. Tuttavia la Città dal Fiore riuscì a occupare l’intera valle solo nel 1554, in seguito alla battaglia di Scannagallo, quando ormai la dinastia medicea stava portando a termine l’ambizioso progetto di fare della Toscana uno Stato regionale sotto il loro dominio.
La vasta palude chianina, che rendeva malsana l’aria e improduttiva la terra, non lasciò insensibile il genio di Leonardo da Vinci. Studiando a fondo il corso dell’Arno e dei suoi affluenti, arrivò a proporre soluzioni grandiose per renderlo navigabile dal Valdarno superiore fino al mare. Il suo progetto – spiegato nei minimi particolari nel Codice Atlantico, con dettagliati rilievi cartografici e calcolando perfino costi e profitti – necessitava però di un fiume che garantisse una costante portata d’acqua. Secondo l’idea di Leonardo il problema si sarebbe potuto risolvere con l’innalzamento del bacino della Chiana, fino a creare un grande lago.
Bisognerà attendere il 1788 perché il problema venisse risolto, quando l’illuminato granduca Pietro Leopoldo I di Lorena promosse la bonifica della palude, per dare salubrità e sviluppo al territorio chianino. Assegnò l’incarico all’ingegnere idraulico aretino Vittorio Fossombroni, che lavorò intensamente alla bonifica per un quarantennio.
Nel XV secolo il territorio della valle trovò un assestamento amministrativo che sarebbe durato, con minimi assestamenti, fino alle riforme leopoldine (1774-1783). Diviso pressoché a metà fra lo Stato fiorentino (parte settentrionale) e quello di Siena, venne riunito sotto la corona granducale da Cosimo I (1555), mantenendo tuttavia i confini delle varie giurisdizioni ereditati dagli Stati repubblicani.
La parte più settentrionale della valle era direttamente sottoposta al Capitanato di Arezzo, con il territorio periurbano inquadrato nella Comunità delle Cortine. Era compresa nella stessa giurisdizione anche Civitella, antica roccaforte longobarda passata in feudo al Vescovo di Arezzo fin dall’XI secolo. In quei secoli fu nota come Civitella del Vescovo e fu capoluogo del Viscontado della Val d’Ambra. Entrata definitivamente nel Dominio fiorentino nel 1348, fu sede di Podesteria e alzò come insegna un leone d’oro in campo azzurro (fig. 4), chiaro riferimento al Marzocco fiorentino, forse imposto dalla Dominante per marcare la propria presenza in un luogo fortemente simbolico, nel quale i vescovi aretini avevano esercitato il proprio potere.
Immediatamente a ridosso del territorio aretino, quasi a far da cuscinetto con l’antica rivale Cortona, si trova Castiglione, ricordato dai documenti fin dal X secolo, sottomesso alla potente diocesi di Arezzo. Eretto a libero Comune nella seconda metà del XII secolo, dopo un breve dominio fiorentino conseguente la battaglia di Campaldino (1289), la cittadina tornò sotto l’antico dominio, rimarcato dal mutamento del nome in Castiglion Aretino. La mutazione del toponimo fu una costante nella storia locale; espugnato dai Perugini nel 1344 venne ribattezzato Castiglion Perugino finché, dopo una ribellione, dal 1384 tornò definitivamente sotto il dominio fiorentino, mutando per l’ultima volta la denominazione in Castiglion Fiorentino. La prima insegna nota è costituita da un castello con due torri in campo azzurro (fig. 5); attorno al XV secolo ne venne adottata un’altra con la figura del santo patrono, l’arcangelo Michele, rappresentato nell’atto di uccidere il drago (fig. 6).
Cortona, di antichissima origine e sede di una delle dodici lucumonie etrusche, fin dal XIII secolo si eresse a libero comune e nel 1325 ebbe una propria sede vescovile. Fu sempre in forte rivalità con la vicina Arezzo, per contrastare la quale strinse nel tempo alleanze con Perugia, Firenze e Siena. Dopo una breve esperienza signorile, nel 1411 entrò a far parte del Distretto fiorentino, come sede di un Capitanato. Attorno alla metà del XIII secolo la sfragistica attesta la figura di un drago (fig. 7) come insegna di Cortona, sostituito dal leone marciano (fig. 8) per solennizzare la pacificazione delle fazioni, ratificata il 25 aprile 1261, giorno in cui cadeva la festa dell’Evangelista.
Altrettanto fiorente fu il passato di Montepulciano. Libero comune ricco e vitale grazie alle attività mercantili, artigianali e agricole, attrasse fin dall’inizio del XIII secolo le mire espansionistiche di Firenze e Siena. Dopo un periodo di contese per il potere tra le casate maggiori, tra le quali prevalsero i Del Pecora, nel 1390 Montepulciano si alleò stabilmente con Firenze, fino a venir incorporata stabilmente nel Distretto fiorentino sotto la giurisdizione di un Capitano, pur mantenendo autonomia locale. La ritrovata stabilità politica dette luogo a un lungo periodo di fioritura artistica e prestigio culturale, tanto da ottenere nel 1561 una propria sede vescovile. In merito alle insegne della città poliziana, la più risalente è costituita da un semplice partito bianco-rosso di origine vessillare (fig. 9), al quale in seguito venne preferito un grifone rosso in campo argento (fig. 10), segno che l’accomuna ad altre città di origine etrusca, quali Perugia, Grosseto e Volterra.
La parte nord-occidentale della valle era sottoposta all’autorità del vicario della Val di Chiana, che risedeva sei mesi a Lucignano e sei mesi a Monte San Savino, località accomunate in un’unica Podesteria. In virtù della felice posizione geografica, Lucignano, dopo un periodo di libertà comunale, venne sottomesso prima da Arezzo e poi da Perugia. Nel XIV secolo entrò in gioco anche Siena, che occupò Lucignano, munendolo di una notevole cinta muraria e di una rocca turrita. Ai senesi subentrarono i fiorentini, che eressero la cittadina a sede di Vicariato. Lucignano alzò come insegna un grifone d’oro in campo rosso accantonato da una stella (fig. 11), a ricordo della lunga occupazione perugina, della quale evidentemente i cittadini conservarono un buon ricordo.
La vicina Monte San Savino, che si alternava ogni semestre a Lucignano come sede del giusdicente fiorentino, alzò un’insegna parlante costituita da un monte all’italiana di sei colli sormontato dal giglio fiorentino, dal quale germogliavano quattro (a volte due) fronde di savina (fig. 12), pianta arborea appartenente alla famiglia delle Cupressacee (Juniperus sabina L.), nota anche come sabina o cipresso dei maghi.
Era sottoposta al Vicariato di Val di Chiana anche la comunità di Foiano, che fin dal 1084 si era proclamata libero comune, dotandosi di uno statuto cittadino. A lungo contesa tra senesi e aretini, venne infine sottoposta a questi ultimi, che ne mantennero il dominio fino al 1336. In quell’anno furono i fiorentini a espugnare Foiano, radendola praticamente al suolo, riedificandola tuttavia in breve tempo, dotandola di una caratteristica cinta muraria in laterizio. Foiano venne così inclusa del dominio fiorentino, soggetta a un podestà per le cause civili e al citato vicario per quelle penali. I sigilli superstiti attestano fin dal XIV secolo l’uso da parte di Foiano del segno del giglio, rappresentato in modo simile al fleur-de-lys francese, privo cioè di stami, d’oro in campo rosso (fig. 13). Molti blasonari riferiscono tuttavia un’ulteriore insegna di tipo naturalistico, con la figura di un candido bue chianino (a volte reso in oro) coricato sulla pianura erbosa in mezzo a due alberi di cipresso, sormontato da una falce lunare (fig. 14). Insegna peraltro assente in ambito locale, forse desunta da un occasionale gonfalone che per qualche tempo accompagnò la delegazione foianese al corteo delle terre soggette in occasione dei festeggiamenti del santo patrono fiorentino.
La parte meridionale della valle era soggetta allo Stato di Siena. Il centro demico più rilevante un questa parte di territorio è Chiusi, che fu sede di un Capitanato. Città di origine etrusca, ebbe nell’Antichità una notevole rilevanza, circondata com’era da un territorio soggetto vasto ed estremamente fertile, e posizionata lungo un’arteria molto trafficata quale fu la via Cassia. Con la dominazione longobarda fu sede di un ducato, in seguito accorpato alla marca di Tuscia. Nel corso dell’XI secolo gli Orvietani, col consenso imperiale, realizzarono una mastodontica diga che sbarrava il corso del fiume Chiani, con la conseguente creazione di un vasto invaso che sommerse gran parte del territorio chiusino. La città si impoverì e nel corso del Medioevo non tornò più all’antica potenza, limitata da quella di scomodi vicini quali furono Orvieto e Siena, ai quali Chiusi venne assoggettata. Fu in ogni caso sede di un’antica e vasta diocesi con vescovo metropolita, e ospitò una prestigiosa scuola di arti liberali.
L’insegna di Chiusi, attestata dai blasonari senesi nonché dall’esemplare monumentale delle Cappelle medicee a Firenze, presenta un campo troncato bianco-rosso caricato da un leone d’oro, coronato, attraversato all’altezza del collo da un lambello rosso a quattro pendenti (fig. 15).
Al Capitanato di Chiusi furono soggette, in area chianina, tre Podesterie. Quella di Chianciano portava un’insegna di tipo araldico, con una stella d’oro a sei o otto raggi, in campo rosso (fig. 16). Sinalunga, un tempo denominata Asinalonga, portava per insegna parlante un’asina passante sulla campagna, a volte rappresentata con un villico che la cavalca (fig. 17). Quella di Torrita e Montefollonica, infine, è di tipo politico, e rappresenta un leone argento in campo rosso, tenente tre spighe di grano d’oro (fig. 18). La figura, qui come in molte delle terre soggette al dominio senese, richiama l’arme del Popolo di Siena, di rosso al leone d’argento, coronato d’oro, privo della corona in segno di sottomissione, accompagnata da un attributo (spesso parlante) come segno identificativo della località.
Nella Val di Chiana senese era in gran parte compresa la Podesteria di San Casciano, soggetta al Capitanato di Radicofani, l’insegna della quale valorizzava l’aspetto termale della località (oggi nota con l’appellativo “dei Bagni”), con la figura di tre bagnanti di carnagione, nude, immerse nella vasca termale (fig. 19). La podesteria di Sarteano, che dipendeva direttamente da Siena, alzava un leone – anche in questo caso alludente a quello del Popolo senese – accompagnato nel cantone in alto a destra da una stella d’argento (fig. 20).
Citiamo infine le Podesterie di Serre e Rapolano, e di Trequanda e Scrofiano, sottoposte al Capitanato di Pienza, i territori delle quali si estendevano in minima parte nella valle chianina.
Nell’attuale struttura amministrativa, la Val di Chiana è suddivisa tra le province di Arezzo, Siena e, in misura nimore, in quelle umbre di Perugia e Terni.
Nella Provincia di Arezzo sono compresi i Comuni di Castiglion Fiorentino, Civitella in Val di Chiana, Cortona, Foiano della Chiana, Lucignano, Marciano della Chiana, Monte San Savino; sono inoltre interessati, con parte del territorio, Bucine e lo stesso Capoluogo.
Nella Provincia di Siena sono compresi i Comuni di Cetona, Chianciano Terme, Chiusi, Montepulciano, Sinalunga, Torrita di Siena; in misura parziale quelli di San Casciano dei Bagni, Sarteano, Trequanda, Rapolano Terme; e, in minima parte, quello di Pienza.
In Provincia di Perugia si estendono nella valle, con parti più o meno ampie del loro territorio, i Comuni di Castiglione del Lago, Città della Pieve, Tuoro sul Trasimeno, Panicale, Paciano.
In quella di Terni, infine, si estendono nella valle, per intero o parzialmente, i Comuni di Fabro, Ficulle, Montegabbione, Monteleone d’Orvieto, Orvieto, Parrano.
Nota e disegni a cura di Michele Turchi
Bibliografia
LEGENDA